La Cina vuole disperdere la presenza degli Uiguri nella regione dello Xinjiang. L'ennesimo atto di persecuzione nei confronti della minoranza uigura è contenuto in un report pubblicato accidentalmente sul web e poi ripreso da numerose fonti internazionali. L'Università di Nankai ha messo a punto un programma di lavoro che interessa unicamente la regione dello Xinjiang, culla della minoranza cinese di fede musulmana. Attraverso degli interventi ad hoc, si vuole cercare di diluire la presenza degli Uiguri in quel territorio, col fine di far perdere a questa minoranza la sua identità culturale.

La comunità internazionale ha preso posizione e molti esperti affermano che la Cina stia attuando un vero e proprio "genocidio culturale", opinione condivisa anche dal Segretario di Stato USA Mike Pompeo.

Il report dell'Università di Nankai è stato cancellato, ma c'è chi è riuscito a salvarlo

Il ricercatore tedesco Adrian Zenz, che da tempo si occupa della questione uigura, è riuscito a salvare il report poco prima che fosse cancellato. L'ultima misura di persecuzione, grazie a Zenz, è stata resa nota alla stampa internazionale. Sicuramente il report dell'Università di Nankai alimenta un clima di tensione tra Pechino e la comunità internazionale. Sul tema Pechino mantiene sempre un certo riserbo, continuando a respingere le accuse che vedrebbero il governo cinese impegnato in questa crociata contro gli uiguri.

La Cina utilizzerebbe sia dei campi di lavoro destinati ai dissidenti politici sia un sistema di intelligenza artificiale per gli arresti. La versione fornita da Pechino sarebbe totalmente diversa dalle informazioni che di tanto in tanto trapelano soprattutto grazie ai famigliari dei prigionieri: il programma di sicurezza esiste, ma tutti gli interventi di stampo propagandistico, ad esempio l'adesione al partito e la rinuncia alla religione islamica, sono volontari.

Non ci sarebbe, infatti, nessuna costrizione da parte del governo cinese. Tuttavia lo studio dell'Università di Nankai getta una luce diversa sulla questione: i trasferimenti della manodopera sarebbero finalizzati alla diluizione della cultura uigura. Il fine è quello di "cambiare gradualmente il loro pensiero e la loro comprensione, trasformando i loro valori e la loro visione della vita attraverso un cambiamento dell'ambiente circostante e attraverso il lavoro".

Nonostante si affermasse che questi piani non fossero obbligatori bensì volontari, nel report vengono previsti ulteriori misure come la deportazione e l'inserimento di guardie di sicurezza che possano "mediare" la scelta della manodopera.

La questione uigura nello Xinjiang

Lo Xinjiang è una regione autonoma estremamente vasta della Cina nord-occidentale, confinante con molti paesi quali Tibet, Kazakistan, Russia e Mongolia. E' grazie alla minoranza etnica degli Uiguri che ha acquisito nel 1955 lo status di regione autonoma che gli permette una più ampia autonomia legislativa. Gli Uiguri vengono riconosciuti come "minoranza regionale all'interno di uno stato culturale" e si distinguono dall'etnia maggioritaria cinese, chiamata Han, per alcuni tratti: la confessione religiosa (Islam sunnita) e la lingua turcofona.

Il governo cinese teme molto le spinte indipendentiste che hanno caratterizzato alcuni territori dopo la caduta dell'Unione Sovietica del 1989 e difatti la questione uigura si inserisce in questo solco: i confini della regione dello Xinjiang sono, per così dire, "porosi" e la preoccupazione che la minoranza culturale possa dar vita a delle spinte secessioniste è molto avvertita, tanto da definire tutti coloro i quali tentano di portare avanti azioni simili "terroristi". Il concetto di terrorismo comprende sia le spinte separatiste sia l'estremismo religioso e di fatto, secondo il governo cinese, la minoranza etnica deli Uiguri è animata da questi due tratti.

Il governo cinese promuove una politica di sicurezza nella regione dello Xinjiang

Nel 2013 il Presidente Xi Jinping mette a punto un nuovo progetto dal nome "Belt and Road Initiative (BRI)", una nuova Via della Seta. La regione dello Xinjiang rientra appieno in questo progetto perché è attraversata tra 3 dei 5 corridoi economici di questo nuovo progetto. Così il governo cinese ha deciso di puntare tutto sulla sicurezza nella regione, essenziale sia per ragioni di politica interna che di politica internazionale e ha posto in essere delle azioni che riguardano perlopiù la minoranza etnica uigura. Benché la notizia di campi di lavoro presenti nella regione sia trapelata nel 2007, già negli anni novanta il governo cinese aveva messo a punto delle strategie per implementare la sicurezza nello Xinjiang, colpendo principalmente gli Uiguri.

Prima le misure riguardavano solo una forte presenza militare all'interno della regione, ma col passare del tempo sono stati creati dal Presidente Xi Jinping dei campi di lavoro destinati a dissidenti politici e soggetti che si erano macchiati di reati minori, nell'ottica di una rieducazione attraverso il lavoro. Ci sono state diverse testimonianze di famigliari che hanno descritto questa detenzione come una sorta di percorso forzato culminante con la rieducazione del prigioniero, al fine di ripudiare la tradizione uigura e conformarsi sempre di più alla tradizione politica cinese, attraverso l'affiliazione al partito comunista e alla ripetizione di slogan del partito. La comunità internazionale ha avuto delle reazioni contrastanti, ma sicuramente un passo avanti è stato l'Uyghur Human Rights Policy Act (Dichiarazione dei diritti umani degli Uiguri) firmata dal Presidente Trump.