Il collegamento tra il piccolo centro salentino di Racale e gli Emirati Arabi, non è una novità di questi giorni. La famiglia di Mauro Romano, scomparso da quel paesino vicino Lecce all'età di sei anni il 21 giugno del 1977, tenta di incontrare il magnate arabo Mohammed Al Habtoor da molti anni.

Non da oggi il papà Natale, la mamma Bianca e il fratello Antonio pensano che Mauro, quasi 44 anni fa, sia stato sequestrato e portato in Medio Oriente per essere venduto a una famiglia benestante. Mohammed Al Habtoor, 52 anni, potrebbe essere il loro Mauro per via di due coincidenze: una cicatrice su un sopracciglio e una bruciatura su una mano.

Le ha l'arabo e le aveva anche il bambino. Al settimanale Oggi in edicola, Antonio ha raccontato in una lunga intervista la travagliata storia dei contatti con Al Habtoor.

Romano, il primo contatto con Al Habootor nel '99

Antonio Romano ha 54 anni, quattro in più di suo fratello che ne avrebbe 50, fa il grafico, da molti anni vive a Ginevra con la moglie Mina. In questi giorni "di furia mediatica", è tornato a Racale per stare vicino agli anziani genitori. Con loro condivide da una vita la ricerca di Mauro. Quando anni fa, sua mamma Bianca ha tirato fuori per la prima volta la storia araba, "secondo lei il nostro Mauro era Mohammed Al Habtoor", non le ha creduto. Poi ha trovato su Internet le foto di Al Habtoor e studiandole nel dettaglio, ha scoperto la doppia coincidenza delle cicatrici: "Mi bastavano per cominciare a cercarlo".

Poi, sua mamma Bianca gli ha detto e ripetuto: "Lo sento negli occhi, nello stomaco che è lui".

Da quel momento è cominciata la rincorsa dell'imprenditore arabo, sfiorato più volte senza mai arrivare a un vero confronto. Il primo contatto telefonico c'è stato nel 1999 tramite sua moglie Mina che è marocchina e parla arabo. Mina gli ha letto una lettera a nome della famiglia Romano.

Mohammed ha detto: "Verrò a casa di Antonio, non so quando, ma verrò". Non è mai accaduto. Finché l'arabo, in visita a Roma, gli ha dato un appuntamento ma non si è fatto trovare. Antonio, già in viaggio per tornare in Svizzera, ha provato a richiamarlo. Una voce ha risposto al posto dell'imprenditore e gli ha detto: "Continui il suo viaggio, torni a casa".

Di strano c'è anche che qualcuno ha telefonato al Comune di Racale per chiedere l'estratto di nascita di Mauro Romano.

Nuovo incontro mancato nel 2005

Nel 2005 Antonio ha richiamato l'arabo e gli ha detto: “Il tempo passa, ti vorrei vedere”. Lui l'ha invitato a Dubai. Il fratello di Mauro Romano è partito subito. Anche stavolta l’incontro non c'è stato: lo ha aspettato per due ore in aeroporto, l'ha chiamato decine di volte, ma il telefono squillava a vuoto. Finché, a tarda sera, gli ha risposto un signore in francese e lo ha gelato: “Le consiglio di rientrare a casa al più presto”, gli ha detto. Così l'indomani, Antonio ha preso il primo volo. "Ho avuto paura. Forse ho sbagliato e me ne pento", ha detto nell'intervista.

Alla reception ha lasciato una scatola di cioccolatini svizzeri per Mohammed: sa che è stata ritirata.

L'ultimo contatto, l'estate di cinque anni fa quando Antonio era in vacanza a Racale. Ha chiamato l'imprenditore arabo che gli ha detto: "Vieni a trovarmi a Saint-Tropez". Gli è sembrata una nuova beffa e non ha risposto all'invito. Ora non sa più che pensare. Se Mohammed fosse Mauro, dovrebbe tendere una mano alla famiglia Romano, almeno a sua madre Bianca.

L'avvocato a Dubai: 'Questa storia offende una famiglia perbene'

L'avvocato Stefania Franchini da trent'anni vive e lavora negli Emirati, parla arabo e conosce molto bene la famiglia Al Habtoor. Riferisce che è indignata per la storia del bambino venduto e comprato dall’Italia.

Alludere che Mohammed potrebbe essere Mauro Romano, significa accusare suo padre Khalaf di un crimine gravissimo quale è la compravendita di un bambino, accusa inaccettabile per qualsiasi genitore.

Franchini è categorica: "Questa storia non sta in piedi, è assurda", dice, aggiungendo che gli Al Habtoor non vogliono più sentirne parlare. Tra l'altro, non sono sceicchi come detto dalla stampa, ma persone partite da zero che hanno costruito un impero immobiliare e una reputazione internazionale. In quanto alla comparazione del Dna auspicata dalla famiglia Romano, secondo il legale non si può chiederla sulla base di "una storia campata in aria" per più motivi. All'epoca della scomparsa del piccolo Mauro, Dubai non era la megalopoli di oggi, era sconosciuta, un posto fuori mano per collocare un bambino da vendere.

Nel 1977, il padre di Mohammed era un piccolo imprenditore che cercava di farsi strada, viveva per il lavoro e la famiglia, aveva appena avuto uno dei suoi quattro figli. Infine, motivazione non di minore importanza, le foto a confronto di Mohammed e Mauro a sei anni, dimostrerebbero che "quei due bambini sono diversissimi".