Annamaria Franzoni è tornata a Cogne con il marito, Stefano Lorenzi. La villetta dove quasi vent'anni fa, la mattina del 30 gennaio 2002, secondo la giustizia italiana uccise Samuele, il figlio di tre anni, è rimasta pressoché disabitata. Per tutto questo tempo, la madre ha sempre proclamato la sua innocenza. Tornata in libertà, Franzoni si è concessa una breve vacanza invernale nella località di montagna associata al suo nome.

Capodanno a Cogne

Annamaria Franzoni ha chiuso i conti con la giustizia tre anni fa: condannata nel 2008 a 16 anni per aver ucciso il figlio, ne ha scontati effettivamente 11, beneficiando di sconti e dell'indulto.

Da libera cittadina abita stabilmente a Monteacuto di San Benedetto Val di Sambro, piccolo borgo situato nell'Appennino bolognese dove è nata, luogo del cuore da cui non si sposta quasi mai. Anche perché è diventata titolare dell'agriturismo da trent'anni gestito dai suoi genitori, non distante dal cimitero dove è sepolto Samuele. Quest'anno, però, per la prima volta Franzoni, soprannominata 'la mamma di Cogne' ha deciso di tornare nel borgo valdostano. Ha trascorso tre giorni nella villetta posta su un'altura della frazione di Montroz.

Giunta con il marito che l'è sempre rimasto accanto, ha cercato di passare inosservata nel luogo associato al delitto del piccolo Samuele. Dalle cronache emerge che lei e il marito avrebbero salutato il nuovo anno sparando un paio di botti e ammirando dal giardino dell'abitazione lo spettacolo di fuochi d'artificio.

Il giorno dopo avrebbero preso un po' di sole nello stesso giardino, pranzato e cenato sempre in casa, accendendo il camino. Avrebbero evitato di scendere in paese, forse temendo di essere oggetto di attenzioni da parte di curiosi e di alimentare il cosiddetto turismo macabro con soste alla villetta e selfie.

Un fenomeno denunciato dalla stessa Franzoni in un'aula di Tribunale ad Aosta dove la donna lo scorso febbraio era comparsa in qualità di teste e parte civile.

Il processo, in quel caso, era a carico di un giornalista e di un operatore, accusati di violazione di domicilio, poi assolti. La coppia è ripartita il 3 gennaio, per tornare alla casa sull'Appennino. "Non ci interessa parlare di questa vicenda", il commento di Franco Allera, sindaco di Cogne, comune insofferente di essere collegato a un infanticidio.

Da villetta degli orrori a oggetto di lite giudiziaria

La casa di Cogne ha una storia difficile. La 'villetta degli orrori' è tornata alla ribalta mediatica in quanto oggetto di una disputa giudiziaria. Carlo Taormina, per molto tempo difensore della Franzoni fino a che non abbandonò il caso, ha reclamato nel 2020 il pagamento mai onorato della sua parcella: una cifra di oltre 275mila euro, divenuti 450mila nell'atto di pignoramento. La casa pignorata sarebbe dovuta andare all'asta: già fissata per il 19 febbraio 2021, è stata sospesa fino a essere annullata pochi mesi dopo.

Il procedimento è stato dichiarato estinto lo scorso giugno dopo un accordo tra le parti. La casa è restata alla famiglia Lorenzi.

"Mi hanno dato tutto quello che mi spettava", le telegrafiche parole di Taormina. Franzoni era tornata nella villetta una prima volta nel novembre 2018, poi a giugno 2021, concluso il contenzioso con Taormina.

Il delitto di Cogne, tanti nodi irrisolti

La donna che ha due figli, Davide di 27 e Gioele di 18 anni, non ha mai confessato il delitto. Quando, l'8 febbraio 2019, il Tribunale di Sorveglianza di Bologna le concesse la liberazione anticipata grazie alla buona condotta, disse: "Da un lato sono contenta, dall’altro vorrei trovare la maniera di far capire alla gente che non sono stata io", sentendo il peso della pubblica condanna.

Il delitto di Cogne che ha sconvolto l'Italia, mobilitato il 'circo' mediatico, è contemplato nei manuali di criminologia per anomalie e nodi irrisolti.

Il principale è l’arma del delitto, mai trovata. Secondo l’ipotesi della Cassazione, sarebbe stato un oggetto tagliente con il manico. Incerto resta anche l’orario dell'infanticidio: quel 30 gennaio 2002, Annamaria Franzoni sarebbe stata assente da casa dalle 8 e 16 alle 8 e 24 per portare il figlio Davide alla fermata dello scuolabus. Per l'accusa, sarebbe stato un alibi inefficace a dimostrare l'estraneità al delitto della madre che avrebbe colpito Samuele prima di uscire.

Argomenti di eterna controversia, anche le tracce di sangue trovate sul pigiama e gli zoccoli di Annamaria Franzoni. Per l'accusa, li avrebbe indossati e si macchiarono quando avrebbe colpito il figlio. Per la difesa, il pigiama si trovava sul letto e gli zoccoli, messi al ritorno a casa, si sarebbero sporcati di sangue in seguito. I legali di Franzoni, Carlo Taormina prima, Paola Savio poi, hanno sempre detto di credere nella sua innocenza.