Continuano le indagini sulla scomparsa e sulla morte di Liliana Resinovich. Nelle ultime ore, è trapelata la notizia che il profilo genetico isolato su un cordino delle buste di nylon apparterebbe alla donna. Tuttavia, a sorpresa, nella puntata di Quarto Grado andata in onda l'11 marzo, Sebastiano Visintin, il marito dell'ex dipendente della Regione Friuli Venezia Giulia, ha ammesso di essere stato a lungo ascoltato dagli inquirenti e di esser stato sottoposto al prelievo del Dna.

Il marito di Liliana a lungo ascoltato in Questura

Gianluigi Nuzzi e Alessandra Viero hanno dedicato ampio spazio al caso di Cronaca Nera che ha sconvolto Trieste.

Dopo aver ripercorso i momenti della scomparsa e della morte di Liliana Resinovich, la redazione Mediaset si è collegata con Sebastiano Visintin, fotografo 72enne in pensione. Raggiunto dall'inviata del programma, il marito della 63enne ha ammesso di essere stato sentito a lungo in Questura nella giornata di mercoledì 9 marzo.

L'uomo, è doveroso sottolinearlo, non risulta indagato e, al momento, il fascicolo aperto lo scorso dicembre per sequestro di persona è a carico di ignoti. Anche per questo motivo, come ha premesso la giornalista, su richiesta dei legali di Visintin, Paolo e Alice Bevilaqua, chiunque con le proprie affermazioni leda la dignità dell'anziano e, soprattutto, di Liliana, sarà diffidato.

Prelevato il Dna al marito di Liliana

Sebastiano Visintin ha spiegato di essere stato convocato telefonicamente in Questura, a Trieste. Davanti agli inquirenti, non solo ha fornito tutti i chiarimenti richiesti, ma ha dato anche il suo consenso al prelievo del Dna. "Lo avrei voluto fare prima" ha aggiunto ammettendo di essere molto scosso, ma di non saper spiegare il motivo di tale richiesta.

Sebbene, come dichiarato dal Procuratore capo Antonio De Nicolo, l'attività investigativa prosegua nel massimo riserbo, negli ultimi giorni sono trapelate alcune indiscrezioni relative agli esiti dei diversi accertamenti effettuati dal medico legale. Da quanto emerso parrebbe che sul cordino del sacco di nylon che avvolgeva il capo di Liliana sarebbe stato isolato un ingente quantitativo di Dna riconducibile proprio alla 63enne.

Questo dato potrebbe far propendere per un'ipotesi mai scartata dagli inquirenti: il gesto estremo. Non si può, tuttavia, escludere che il materiale genetico possa essersi depositato sul cordino nel disperato tentativo, di Lilly, di sfilarsi il sacchetto. L'autopsia, però, non avrebbe rilevato segni di violenza o aggressione. Liliana Resinovich, scomparsa da casa la mattina di martedì 14 dicembre, è stata rinvenuta senza vita il 5 gennaio scorso, nei pressi di un'area boschiva nei pressi dell'ex ospedale psichiatrico di Trieste.