Il fratello di Alice Scagni avrebbe terrorizzato tutta la famiglia non da qualche mese ma da un decennio. Lo sostiene Gianluca Calzona, marito 35enne di Alice. Il 1 maggio Alberto Scagni ha ucciso la sorella 34enne in strada, in via Fabrizi a Quinto, quartiere residenziale di Genova. L'ha accoltellata a pochi passi dal portone della sua abitazione. I problemi di salute mentale del 42enne sarebbero antichi. Oggi si sono svolti i funerali della donna. La Procura di Genova indaga per accertare se questa tragedia poteva essere evitata.

Alice Scagni, un lungo calvario

Gianluca Calzona è stato sentito dalla Polizia subito dopo il delitto. Agli investigatori della Squadra Mobile, ha raccontato di aver conosciuto Alice nel 2010 e di averla sposata nel 2018. Da allora e fino a una settimana fa, suo cognato Alberto avrebbe condizionato le loro vite al punto da temere di trovarselo sulla porta di casa. O almeno, Gianluca era spaventato e avrebbe voluto lasciare la casa di via Fabrizi per trasferirsi in un'abitazione dei suoi genitori in un posto di villeggiatura sconosciuto ad Alberto. Alice aveva sempre rifiutato la proposta: voleva bene a suo fratello e non lo temeva: era convinta che non le avrebbe mai fatto del male. Con questa certezza, la sera dell'omicidio alle 21:30 ha portato il cane a fare una passeggiata.

Alberto l'aspettava da ore: l'ha aggredita con tale rapidità da rendere impossibile anche un tentativo di difesa.

Secondo quanto riferito da Calzona alla polizia, Alberto avrebbe avuto un quadro di personalità complesso. Fin da piccolo avrebbe sofferto di crisi epilettiche. A questa condizione si sarebbe aggiunto il consumo di stupefacenti che il 42enne avrebbe anche venduto, e che Gianluca avrebbe visto in più occasioni.

Il peggioramento sarebbe avvenuto a partire dal 2013 dopo essere stato lasciato da una fidanzata. Da quel momento, si sarebbe licenziato dal lavoro dipendendo economicamente dai genitori ai quali chiedeva soldi. In seguito sua madre, Antonella Zarri, gli avrebbe trovato un lavoro in uno studio legale, ma dopo sei mesi sarebbe stato allontanato perché inaffidabile.

La dipendenza da droghe e alcol sarebbe peggiorata come la rabbia esplosiva verso i familiari accusati di essere responsabili della sua condizione. Nel 2015, la nuova fidanzata avrebbe inviato un messaggio ad Alice: Alberto avrebbe tentato di strangolarla. La scorsa estate gli è stata ritirata la patente per guida in stato di ebbrezza. Il 42enne si sarebbe vantato di essersi sottratto alle forze dell’ordine. Gianluca ha riferito di aver smesso di rispondere alle chiamate del cognato dopo che lo avrebbe accusato di aver messo cimici nella sua abitazione per spiarlo: negli ultimi tempi avrebbe avuto manie di persecuzione.

Alice Scagni, fiori bianchi per l'ultimo saluto

Rose e fiori bianchi sulla bara, e in braccio a papà Gianluca, il figlio suo e di Alice che ha appena un anno e quattro mesi.

Era gremita la chiesa di Nostra Signora della Consolazione in centro a Genova. In tanti si sono stretti attorno ai familiari di Alice Scagni in un dolore composto. Il parroco, don Pierluigi, che ha conosciuto i familiari di Alice appena ieri, ha citato l'enciclica di Giovanni Paolo II: "La vita è più forte della morte, l'amore è più potente del peccato".

Alice Scagni, le indagini

"Signora non facciamola tragica", avrebbe detto un agente della polizia in risposta alla denuncia dei genitori spaventati dopo le ultime minacce del figlio, ormai del tutto fuori controllo. "Faremo la fine dei genitori di Benno”, il timore di Antonella Zarri: mai avrebbe pensato che a essere uccisa sarebbe stata l'altra figlia.

Ora la Procura di Genova sta indagando sugli allarmi inascoltati. I genitori dell'omicida avevano fatto cinque chiamate al 112 nei giorni precedenti la tragedia: l'ultima telefonata alle forze dell'ordine sei ore prima del delitto. Alberto li aveva chiamati minacciandoli di tagliare la gola a loro e alla sorella se non gli avessero dato i soldi che sempre con maggiore insistenza chiedeva. Il giorno prima aveva dato fuoco alla porta di casa della nonna. "Le vite dei miei figli sono state buttate via per l'incuria e l'incapacità delle forze dell'ordine e del servizio di salute mentale. Mio figlio si poteva fermare prima e mia figlia sarebbe stata salvata", lo sfogo della mamma. Verranno ascoltati i funzionari che hanno raccolto le denunce.

"Non ne potevo più. I miei familiari sono pieni di soldi e mi facevano vivere con pochi spiccioli. Mi passavano un buono spesa di cinquanta euro alla settimana per la Coop e nulla di più. Come potevo andare avanti", le parole dell'omicida dal carcere di Marassi. Interrogato dalla pm Paola Crispo e dalla gip Paola Faggione, si è avvalso della facoltà di non rispondere.