Gli avvocati difensori di Benno Neumair, 31 anni, potrebbero fare ricorso contro la sentenza all'ergastolo pronunciata sabato 19 novembre dalla Corte di Assise di Bolzano.

Il supplente di matematica, a inizio gennaio 2020, ha ucciso la madre Laura Perselli, 68 anni e il padre Peter Neumair, 63 anni. Poi, dopo aver gettato i loro corpi nelle acque del fiume Adige, ha inscenato la loro scomparsa.

I difensori di Benno Neumair potrebbero presentare ricorso

Benno Neumair, reo confesso dell'omicidio dei genitori, è stato condannato all'ergastolo e a un anno di isolamento diurno.

Per la sorella Madè la sentenza non sarebbe una vittoria. I legali del 31enne, Flavio Moccia e Angelo Polo, non si aspettavano il massimo della pena prevista dall'ordinamento giuridico e ora stanno prendendo in considerazione un eventuale ricorso.

"Aspettiamo di conoscere le motivazioni - hanno annunciato nelle scorse ore a Fanpage.it - per valutare il ricorso in appello che, probabilmente, ci sarà".

Secondo loro, infatti, i giudici - che di fatto hanno accolto in toto le richieste avanzate in precedenza dai pm Federica Iovene e Igor Secco - avrebbero dovuto tenere conto non solo delle attenuanti generiche, ma anche del particolare stato di salute del loro assistito.

Benno Neumair sarebbe stato malato fin da piccolo

Dalle pagine del magazine online, i difensori di Benno Neumair hanno ribadito che il 31enne era malato fin da quando era bambino e che la sua patologia è anche la sua "condanna a vita". "Quelli dei suoi genitori - hanno proseguito - sono due omicidi annunciati. Per Benno l'ergastolo è inutile, come è inutile per la famiglia e per la società".

Il supplente bolzanino, stando anche a quanto ricostruito in sede processuale, il 4 gennaio 2020 ha ucciso il padre Peter, forse al culmine di un litigio. Poco dopo, quando la madre Laura è rientrata in casa, ha aggredito mortalmente anche lei. I consulenti nominati dal Gip hanno stabilito che al momento del primo omicidio, Benno era in preda al delirio (e ai suoi disturbi di personalità), mentre durante il secondo delitto sarebbe stato perfettamente capace di comprendere quello che stava facendo.

Come sottolineato dalla perizia psichiatrica firmata dalla dottoressa Anna Palleschi, il giovane, in entrambe le occasioni, sarebbe stato perfettamente capace di intendere e di volere. Il suo disturbo narcisistico, infatti, non gli avrebbe impedito di decidere come liberarsi dei corpi dei genitori e come costruirsi un alibi.

Per gli avvocati di Benno, invece, l'imputato sarebbe dovuto essere considerato, in tutti e due gli omicidi, incapace d'intendere e di volere. "Decidere di compiere un secondo delitto a 12 minuti di distanza dal primo - hanno puntualizzato - non può essere considerata premeditazione".