È morto nelle scorse ore, all'età di 68 anni, il giornalista Pio d'Emilia. L'inviato si trovava a Tokyo, in Giappone, dove ormai viveva da circa 30 anni. In particolare negli ultimi 20 anni era stato corrispondente dall'estremo oriente per Sky Tg24 e aveva anche collaborato con Avvenire.
A dare la notizia del decesso è stato l'inviato dall'oriente Nico Piro della Rai, che su Facebook scrive: "Addio a Pio d'Emilia grande inviato, straordinario conoscitore dell'estremo oriente, caro amico, rivoluzionario, campatore e infinita capa gloriosa. Ci mancherai".
Non sono state rese note le cause della sua morte.
Cenni biografici di Pio D'Emilia
Nato il 18 luglio 1954 a Roma, Pio d'Emilia era da circa 30 anni corrispondente dall'Asia e in particolare dal Giappone, paese a cui aveva dedicato vari reportage e libri come "Lo tsunami nucleare: i trenta giorni che sconvolsero il Giappone".
Il giornalista era molto appassionato dell'Asia e si era distinto come conoscitore di tutto l'estremo Oriente, raccontando nei suoi articoli varie vicende di cronaca asiatica degli ultimi decenni, dai terremoti alle guerre, con reportage e approfondimenti.
Il rapporto speciale con il Giappone e con la Cina
Pio d'Emilia aveva partecipato anche alla trasmissione televisiva Rai "Turisti per caso" nelle vesti di accompagnatore.
Inoltre aveva realizzato il documentario "Fukushima, a nuclear story", che ha seguito la vicenda dell'incidente nucleare in Giappone della primavera 2011.
Nel corso degli ultimi anni aveva allargato i suoi interessi alla Cina, realizzando un documentario intitolato "Yi dai, Yi lu, la Ferrovia della Seta". Esso raccontava la storia della Ferrovia della Seta e il suo impatto sulle relazioni economiche e commerciali tra la Cina e il resto del mondo.
Il ricordo del direttore del tg di Sky
Il direttore del tg di Sky Giuseppe De Bellis ricorda il suo inviato Pio d'Emilia raccontando che l'Asia era la terra che "considerava casa sua, quella che aveva scelto un po’ per fiuto giornalistico e un po’ per provocazione culturale anni fa, quando l’estremo Oriente era un’area poco battuta dalla stampa europea".
Poi aggiunge: "Progettava altri viaggi, altre storie. Gli acciacchi fisici che lo accompagnavano li trattava sempre come fastidi con cui convivere, incidenti di percorso che un periodo di riposo (e di lavoro) nella sua amata casa in montagna, a Misurina, curava meglio dei medici". De Bellis infine conclude: "La sua perdita ci lascia senza parole, con una tristezza profonda, con il magone di non aver potuto dirgli per l’ultima volta una qualsiasi cosa, di non avergli lasciato l’ultima parola di una conversazione, come accadeva sempre".