A 18 anni di distanza, si riaprono le indagini sul delitto di Garlasco: tracce di Dna di A.S., un amico del fratello minore della vittima, sarebbero state individuate attraverso nuove strumentazioni, su due dita di Chiara Poggi, uccisa a 26 anni nella sua abitazione il 13 agosto 2007. La nuova inchiesta, condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Milano, potrebbe riaprire il celebre caso di cronaca nera, che sembrava ormai chiuso con la condanna in via definitiva del fidanzato della giovane, Alberto Stasi, recluso da 10 anni nel carcere di Bollate.

Questa svolta in futuro potrebbe anche portare alla revisione del processo allo studente della Bocconi, visto che gli inquirenti ora pensano che l’assassino possa aver lasciato delle tracce genetiche, mai prese in considerazione prima, sulla scena del delitto. Il nuovo indagato, che all’epoca aveva 19 anni (e oggi ne ha 37) era un amico di Marco, fratello minore di Chiara, frequentava la villa dei Poggi e nei giorni precedenti l’assassinio avrebbe anche avuto contatti telefonici con la vittima. Ora il giovane risulta indagato dalla Procura di Pavia per concorso in omicidio: bisognerà chiarire se in concorso con l’unico condannato per la vicenda, ossia Alberto Stasi, o con ignoti.

L’amico del fratello di Chiara dovrà sottoporsi a nuove analisi

Il 37enne nelle scorse settimane ha negato l’assenso a sottoporsi a un esame del Dna, come spiegato dal suo legale, Massimo Lovati. Quindi, il giudice ha disposto per lui l’obbligo di sottoporsi nelle prossime ore a nuovi esami per ottenere il suo Dna. Non è la prima volta che il nome del 37enne compare nelle indagini: già nel 2016 i difensori di Alberto Stasi avevano presentato una perizia di parte su alcune tracce di Dna presenti sulle dita di Chiara, che sarebbero state compatibili con quelle dell’amico del fratello della ragazza.

Tuttavia, dopo un anno di indagini, il pm Mario Venditti aveva chiesto l’archiviazione per questo filone dell’inchiesta, propendendo per l’infondatezza di questa pista. All’epoca, in particolare, le tracce emerse erano state giudicate “non utilizzabili” dai consulenti della Procura; un secondo tentativo di indirizzare le indagini su questo filone da parte dei legali dell’unico condannato per la vicenda, nel 2020, si era di nuovo concluso con un’archiviazione.

Le nuove indagini della Procura di Pavia

Negli ultimi mesi la Procura di Pavia ha autonomamente ripreso a indagare su questa pista, delegando i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano di effettuare nuove analisi sul campione di Dna che, grazie all’ausilio delle più innovative tecnologie a disposizione, sarebbe ora idoneo a essere utilizzato a fini giuridici. Così i magistrati hanno deciso di riaprire il fascicolo sul 37enne, già archiviato in passato. Inizialmente il gip di Pavia aveva bloccato la richiesta dei pm, che però hanno fatto ricorso in Cassazione, ottenendo il via libera alla riapertura del caso. Bisogna ricordare che anche le sentenze definitive che hanno condannato Alberto Stasi hanno riconosciuto come il delitto sia stato compiuto insieme ad almeno un’altra persona, le cui tracce biologiche sono state rinvenute sulla vittima e sulla scena del crimine.

Il punto sulla condanna di Alberto Stasi

I familiari di Chiara Poggi, che già nel 2016 avevano escluso ogni possibile coinvolgimento del giovane ora indagato, hanno deciso di non commentare la riapertura delle indagini.

Alberto Stasi è stato condannato per aver ucciso la fidanzata dopo un complesso iter processuale: assolto in primo grado e in appello, era stato nuovamente rinviato in appello dalla Cassazione e infine condannato a 16 anni di reclusione. La sentenza era stata confermata dalla Suprema corte, nonostante i dubbi del procuratore che aveva chiesto un nuovo rinvio a giudizio per l’imputato. Secondo i giudici, il movente del delitto sarebbe stato da ricercarsi in un “momento di rabbia” di Stasi nei confronti di Chiara.