A causa di un errato esperimento meteorologico, la Terra è precipitata in un inverno perenne. I pochi sopravvissuti hanno trovato rifugio su un treno mosso da un motore a moto perpetuo, lo Snowpiercer. A bordo, tutto ricorda il mondo di prima: nei vagoni di coda ci sono i disperati, che vivono ammassati in luridi vagoni. Dai bassifondi è proibito muoversi e nessuno ha mai visto le sezioni di mezzo e di testa e soprattutto la locomotiva, dove vive il mitico Wilford (Ed Harris), colui che ha ideato il treno e lo fa marciare.

Dopo quasi vent'anni di viaggio tra lande desolate e innevate, Curtis (Chris Evans) guida la rivolta dei bassifondi: riesce superare gli sbarramenti e scopre che i vagoni del treno riservati ai privilegiati sono pieni di lussi e comfort.

Come in un'odissea, Curtis e i suoi compagni, sia pur decimati, percorrono il convoglio, fino a incontrare il leader Wilford, un uomo ossessionato dai treni fin da bambino, tanto da sembrare Howard Hughes (ricordate The Aviator, con DiCaprio?) o il Kane di Quarto potere.

Diretto dal sudcoreano Bong Joon-ho, Snowpiercer ricorda, nella sua struttura narrativa, un altro recente film di fantascienza distopica: Elysium. Come in quello, anche in questo film l'eroe è tutt'altro che senza macchia e senza paura e il suo viaggio verso il mondo degli oligarchi (lì il satellite Elysium, qui i vagoni di punta del treno) diventa anche un percorso di redenzione.

Oltre che alla fantascienza post-apocalittica, Bong attinge anche al film di guerra e del "gruppo partito per missione suicida" e così via. Un puzzle di suggestioni ed echi che il suo collante in una narrazione sempre coesa, implacabile, che sfreccia verso il finale implacabile e sferragliante come lo Snowpiercer.