La cultura italiana, da oggi, dice ufficialmente addio all'orchestra e coro dell'Opera di Roma. Si esternalizzano gli stabilimenti industriali, si esternalizza il Made in Italy e finalmente si esternalizza anche la cultura. Dopo l'addio del maestro Muti [VIDEO], una decisione storica per la cultura italiana. Ormai tutto ha un prezzo, non è una novità purtroppo, e il prezzo dell'orchestra e coro dell'Opera di Roma si aggirava sui 12 milioni di euro all'anno. Troppi, secondo il consiglio di amministrazione del teatro romano. Si posso risparmiare 3,4 milioni di euro all'anno esternalizzando.

Lo ha dichiarato Carlo Fuortes, sovrintendete del teatro. E così è stato fatto. "La procedura di licenziamento collettivo si avvia domani - ha dichiarato ieri sera - e dura al massimo 75 giorni: 45 giorni per le trattative sindacali e altri 30 giorni per la trattativa nei tavoli istituzionali. Poi si procede al licenziamento, quindi nei prossimi tre mesi tutti i dipendenti prenderanno regolarmente lo stipendio e dovranno lavorare. Noi auspichiamo che tutti o parte di musicisti e artisti del coro si riuniscano e formino un soggetto"

"Un passaggio doloroso ma necessario per ripartire" ha detto il ministro della Cultura Franceschini. Una situazione che era diventata insostenibile. Una scelta coraggiosa per far ritornare la cultura al centro della vita della capitale.

Si è ragionato in termini "di funzionalità e di effetto economico" ha ammesso Fuortes. L'Aida del 27 novembre, però, non sarà cancellata, nonostante il rifiuto di Muti di dirigerla "perché mancano le condizioni di serenità". Forse può aver ragione Muti, è vero, e le parole di Francesco Melis, 56 anni, artista del coro dal 1984, lo spiegano bene: "E' un dramma per tante famiglie, siamo scioccati".

"Dicono che dobbiamo guardare al modello europeo, forse ci costituiremo in cooperativa. Che si salvi il teatro è importante, ma lo è anche la qualità del lavoro. Io a 56 anni mi ritrovo disoccupato dopo aver vinto un concorso internazionale per entrare nel coro". Ma esternalizzare non significa girare le spalle alla qualità.

La soluzione migliore?

Senz'altro la soluzione giusta per combattere gli sprechi anche tra i privilegiati della cultura. Il sindaco Marino è stato chiaro. O così o si chiude. "È un disegno innovativo in Italia ma in Europa molto utilizzato. Non c’era altra soluzione". Ma in Italia non ci piacciono queste cose. Noi siamo un popolo di cultura, un popolo colto, un popolo di un certo livello. Un popolo che si scandalizza di fronte a queste notizie, si indigna, si sente quasi ferito sul personale. Salvo poi non andare a teatro, non conoscere l'Opera e avere un rapporto con la cultura quanto meno ombroso. Facili recriminazioni quelle che mezza Italia sta facendo contro la scelta del cda dell'Opera e facili recriminazioni queste che state leggendo ora.

E' vero. Ma è sintomatico. La cultura italiana va valorizzata, non va idolatrata. E se esternalizzare significa risparmiare, mantenendo un livello qualitativo elevatissimo (come accadrà): ben venga. Con i soldi risparmiati si potrà veramente rilanciare la cultura. Perché dobbiamo chiuderci in ragionamenti di casta? Fare cultura in Italia ha sempre voluto dire vivere grazie alle sovvenzioni statali. No. Non è ammissibile. Sedersi sui privilegi fa male. Fa male alla politica, così come fa male alla cultura. La crisi ce lo ha insegnato. Bisogna rilanciare la cultura italiana. Lo vogliamo tutti. E per farlo bisogna stimolare la cultura stessa. Stimolare non vuol dire precarizzare, sia chiaro. In questi anni in Italia la cultura, anche se dimenticata dall'opinione pubblica, ha vissuto in una sfera di cristallo.

Idolatrata da tutti. E i risultati sono stati pessimi. Basta aprire qualsiasi giornale che si dice "culturale" per capirlo. Vogliamo veramente continuare così? O vogliamo finalmente fare della cultura il cuore pulsante del nostro Paese?