Tratto dal romanzo omonimo scritto da William Thackeray nel 1844 (ma terminato definitivamente nel 1956), 'Barry Lyndon' è un film dalla fortuna insolita: al momento della sua uscita nelle sale, nel 1975, lasciò freddo il pubblico e la critica perplessa. Premiato con quattro Oscar nel 1976 (tra questi, quello per i costumi all'italiana Milena Canonero), ci vollero anni perché l'opera riuscisse a conquistare l'attenzione degli amanti del Cinema e ottenesse la giusta collocazione da parte dei critici cinematografici che, infine, le riconobbero lo status di capolavoro. E oggi, a quarant'anni dal suo debutto, da lunedì 12 gennaio il film torna nelle sale, nella versione restaurata dalla Cineteca di Bologna.

Barry Lyndon, la nuova versione - Affascinato dalla figura letteraria dell'avventuriero irlandese Redmond Barry, di cui segue tutte le tappe, da scapestrato ragazzino di campagna a soldato, da spia e giocatore, ammirato in società non solo per le sue abilità, ma anche per la bellezza, che gli procura l'amore di Lady Lyndon, prima infelice moglie e poi vedova di Sir Charles Lyndon, Barry gli succede nel talamo e nel lignaggio; ne eredita il titolo, fino al contrappeso della sua ascesa. L'insoddisfazione matrimoniale e il dolore muto per la perdita del figlioletto, la precarietà di un successo conquistato in modo così rocambolesco causano nella vita di Barry inevitabili cadute, il declino e l'esilio di un anti-eroe che nel primo passo verso la gloria aveva già scritto un destino di rovina.



Film complesso per la sua riflessione sull'umanità come condizione soggetta a leggi spesso inafferrabili, meccanismi ad incastro e intrecci misteriosi tra codici sociali, istituzioni economiche e relazioni tra classi, implicazioni filosofiche e morali, è oggi ammirato soprattutto per la sua perfezione formale: grande protagonista un secolo, il Settecento, di cui Kubrick volle ricostruire con perizia enciclopedica ogni minimo dettaglio, commissionando ai suoi collaboratori un lavoro di analisi filologica sui dipinti dell'epoca. Ma l'elemento più affascinante è, senza dubbio, il trattamento della luce: il regista volle sul set solo candele, per riprodurre, nella maniera più realistica possibile, l'illuminazione del tempo.