Giovanni Lindo Ferretti è come un pastore che ogni tanto è "costretto" a lasciare il suo presente per scendere a valle, abbandonando armenti e cavalli maremmani sull'Appennino per abbracciare ciò che il suo pubblico gli chiede: il passato. Può sembrare una provocazione, ma l'anima dell'ex CCCP sta tutta dentro l'opera equestre di "Saga - Il canto dei canti" (2013), e non nel repertorio che l'ha consacrato nell'Olimpo del rock italiano sotto le sigle CCCP Fedeli alla linea e successive "reincarnazioni".
Al centro del palco, con le mani in tasca, inizia il suo concerto intonando i salmi barbarici di "Pons tremolans".
Neanche i fan di vecchia data possono stargli dietro, perché le sue narrazioni di fine impero non hanno mai attirato le masse. La bellezza di questo incipit è tutta nella sua refrattarietà ad ogni collocazione spaziale o temporale, ed è visibile come Ferretti sia una cosa sola con il testo che sta salmodiando. Quando torna al passato è come se il poeta mostrasse la distanza con i trent'anni prima, un adulto che sorride sulle ingenuità della sua infanzia politica, e nel frattempo fuma nervoso.
"Amandoti" e "Tu Menti" fanno emozionare il pubblico, perché sentire quei versi dalla voce che li ha generati ha la stessa funzione di una macchina del tempo. Facciamo i conti con il passato, e su cosa siamo diventati nel frattempo (e su chi è diventato Ferretti).Nella scaletta brilla la presenza di "Polvere", anche questo pezzo poco noto, che nella versione live non ha potuto contare sulla base elettronica downtempo che aveva invece in "Co.Dex" (2000), eppure ha dispiegato una potenza evocativa che su disco non aveva mai avuto.
La base elettronica invece è presente in "Unità di produzione", con inserti di chitarra in levare, disidratando il pezzo dalle sue originarie attitudini rock. Ipnotica è stata l'esecuzione di "Irata", con chitarra e splendidi assoli di violino di Bonicelli.
La chiusura è affidata alla doppietta "Emilia paranoica" e "Spara Jurij". La prima è un vero e proprio inno in questo angolo di Emilia, dove le paranoie e contraddizioni che cantava Ferretti sono ancora visibili. La cantano tutti. Per questa versione i tre si affidano a una base vagamente industrial, per sopperire all'assenza di batteria, e a due chitarre elettriche (a cui poi si aggiunge un basso che assesta speronate viscerali al pezzo quando ha già preso quota). L'impressione alla fine della serata è ottima. I pezzi dei CCCP o dei CSI non hanno sofferto troppo l'assenza di uno Zamboni o di un Giorgio Canali (mentre al contrario i Post-CSI soffrono drammaticamente della defezione di Ferretti). Per quanto non siano numerose le date, "A cuor contento" si dimostra un live ampiamente rodato, dove al massimo si registra qualche imprecisione vocale di Ferretti negli attacchi. Ma alla fine non siamo andati a Solaria per avere una prova di bel canto, ma ad un recupero dell'antico di fronte a una "modernità già vecchia e malandata".