L’alpinismo nacque alla fine dell’Ottocento un po’ per ragioni di esplorazione geografica e scientifica e un po’ per ragioni filosofiche o, più sottilmente, psicoanalitiche.

Infatti, dall’inizio dei tempi, per l’uomo la montagna è il luogo (e spesso un luogo estremo) che unisce la terra al cielo: la montagna è un percorso catartico che ci fa ascendere verso la purezza e ci libera dalla natura corrotta.

Questo almeno secondo la visione romantica dell’alpinismo eroico e nobile dei primi tempi, che è stato raccontato in passato in numerosi film.

Il film “Everest” del regista islandese Baltasar Kormàkur racconta e condanna, invece, l’alpinismo turistico e di massa di oggi, che è corrotto e svilito da ogni punto di vista.

La trama del film

Il film si ispira e racconta una storia vera: si tratta di una spedizione sull’Everest avvenuta nel 1996, una spedizione che purtroppo finì male (morirono otto persone) e che poi venne raccontata da uno dei sopravvissuti, il giornalista americano Jon Krakauer, nel suo libro “Aria sottile”.

La trama è questa: un gruppo eterogeneo di alpinisti dilettanti decide di scalare l’Everest e si affida all’esperta guida Rob, che possiede una società, la “Adventure Consultants”, creata appositamente per queste cose.

Dopo varie traversie iniziali Rob e i suoi alpinisti improvvisati saranno messi duramente alla prova dalla spietatezza della montagna.

Il film racconta una tragedia vera e controversa

Il giornalista americano Jon Krakauer, uno dei sopravvissuti della vera spedizione del ’96 a cui si ispira il film, ha già fatto sapere che la pellicola di Kormàkur è una bufala e non rispecchia la realtà dei fatti.

Il giornalista (che partecipò alla spedizione del ’96 proprio per documentare, per il mensile americano “Outside”, il boom dell’alpinismo turistico e di massa) sostiene che non è mai avvenuta nella realtà la scena del film in cui l’alpinista kazako Anatoli Boukreev, realmente esistito, chiede di poter tornare sulla montagna per tentare di salvare gli altri.

La querelle tra Krakauer e Boukreev (quest’ultimo ritenuto dall’americano responsabile di aver abbandonato degli uomini a morte certa) è però destinata a non essere mai chiarita del tutto, anche perché l’alpinista kazako è rimasto vittima nel ’97 di un’altra tragedia della montagna.