Questa estate atipica, caratterizzata da paradossi che hanno reso ancora più tangibile il senso della precarietà del nostro tempo, volge al termine. Tuttavia il burkini continua ad alimentare polemiche tanto da poter essere identificato con la lotta contro una trasformazione non richiesta, né auspicata, l'espressione del rifiuto occidentale di una cultura primitiva e prevaricatrice. Del resto in questo traballante Occidente, dove le parole dominano sulle azioni, tutto diventa polemica, anche quando gli altri si organizzano per piegarlo. Questa volta è toccato allo scrittore Sir Salman Rushdie interrogarsi sull'uso del burkini sfruttandolo come pretesto di discussione e riflessione durante la promozione del suo ultimo libro Deux ans, huit mois et vingt-huit nuits- Editions Actes Sud.
Salman Rushdie, Burkini e fanatismo
Il 9 Settembre scorso, intervenendo alla trasmissione di Yves Calvi, Laissez-vous tenter (RTL), Rushdie ha rilasciato la seguente dichiarazione: "Il burkini è un capo di abbigliamento assurdo. Mi sono sempre opposto a tutto ciò che copre il corpo della donna. Le donne di casa mia hanno sempre rifiutato ogni simbolo di dominazione maschile. La maggioranza dei musulmani francesi, al contrario, trova moderno usarlo. E' tipico della fazione più reazionaria. Per questo lo rifiuto".
In conclusione lo scrittore ha lamentato una tendenza ad esaltare i simboli caratteristici del fanatismo invece di contrastarli. Rushdie ha, però, contestato l'intervento della polizia Francese a Nizza per scoprire le donne: "Non credo nell'intervento della legge (come soluzione).
Che la polizia chieda ad una donna di svestirsi sulla spiaggia è surrealistico. La prassi vuole che si faccia il contrario". Ha poi aggiunto: "Quello che sta accadendo in Francia è molto triste. Purtroppo non succede solo lì, ma la Francia sembra dover portare il pesante fardello del fanatismo ... Penso che viviamo in un mondo dove c'è sempre più fanatismo. Questa è una sorpresa per me che sono un classico sessantenne".
L'opera di Rushdie: un titolo enigmatico
Durante l'intervista al giornalista Bernard Lehut, Rushdie ha così presentato il suo nuovo lavoro: "Il mondo è pericoloso, ma questo non significa che dobbiamo nasconderci sotto il letto. Si scopre in se stessi una forza che si ignorava.
E' il tema del mio romanzo". Esso ha, in effetti, un titolo enigmatico che trova spiegazione nella matematica: se si trasformano due anni, otto mesi e ventotto notti in notti, si ottengono "mille e una notte", come il racconto di Sherazade.
Il romanzo, quindi, è una reinterpretazione della raccolta di novelle orientali, Le mille e una notte, una rilettura della perenne lotta tra il bene e il male, tra i buoni e i cattivi, tra angeli e demoni. All'apparenza è una metafora della guerra dell'Occidente contro l'Isis, anche se lo scrittore ha tenuto a puntualizzare: "Una delle cose più strane del libro è che quando ho cominciato a scriverlo, quattro anni e mezzo fa, questa guerra non era in corso.
E' sconcertante perché sembra essere la metafora di questa guerra, ma è soprattutto una lotta tra il razionale e l'irrazionale. D'altra parte è una lotta che esiste da sempre, non c'è nulla di nuovo".
Un genere diverso, favolistico, magico ed epico
Sir Rushdie, storicamente bandiera della libertà di espressione e contrario al fanatismo, nel 1989, in seguito alla pubblicazione del romanzo I Versi Satanici, fu oggetto di una fatwa per blasfemia (condanna a morte) emessa da Khomeyni in persona. Nel romanzo aveva messo ragionevolmente in discussione alcuni versetti della 53a sura di antiche edizioni del Corano. Essi ammettevano l'esistenza di intermediari divini, evenienza che faceva dell'Islam una religione politeista e quindi pagana. Da qui l'assurda accusa. Ancora una volta lo scontro tra razionale e irrazionale.