La sede del Macro a Roma fino al 17 aprile sarà teatro di un’esposizione emblematica: 30 opere controverse e impressionanti di Anish Kapoor, uno degli “artisti-imprenditori” più quotati al mondo.

La poetica di Anish Kapoor

Indiano, ma naturalizzato inglese, ottiene riconoscimenti prestigiosi alla XLIV Biennale di Venezia nel 1990 e nell’anno seguente (1991) si staglia come vincitore per il Turner Prize. Kapoor stigmatizza il suo sentire artistico in sculture di marmo, granito, legno e gesso, dando forma a stereotipi archetipi e a “homunculi” che precedono lo stadio vitale e che assurgono a metafore della marcescenza contemporanea.

Il languore, la ferita, la lacerazione sono gli elementi compositivi del suo corpus artistico che rappresenta l’eterna dicotomia maschile-femminile, il contrasto tra luce e buio, la contrapposizione tra il concavo e il convesso. Una silente religiosità pervade le sue opere, comunicando il suo latente induismo e il suo monito di pace versus il destino ineluttabile tragico dell’età contemporanea. La violenza, il dissidio, la lotta persistente sono gli stilemi della società che Kapoor vuole sovvertire denunciandoli silentemente con la potenza espressiva della sua arte. Il suo background culturale attinge da Francis Bacon a Velazquez, avendo come riferimenti visivi anche il “Bue macellato” di Rembrandt e la serie delle “Combustioni” di Burri.

Opere in mostra

Mario Codognato, il curatore della mostra, propone una selezione di opere eseguite in silicone, bicromatiche in rosso e bianco, di dimensioni ingenti come la celebre Sectional Body Preparing for Monadic Singularity", emblema di una visceralità che permea l’intero corpus espositivo. L’elemento primordiale si dischiude in “Foetal/Fetale” (2012) e in “In-form” (2015) che sensibilizzano sulla assenza e sulla vacuità di vita che profondono nella contemporaneità.

L’esasperazione tocca il culmine con l’opera “Flayed/Scorticato”(2016) che “sinesteticamente” stride come un urlo gettato nel vuoto. Kapoor utilizza l’arma del parossismo per colpire il pubblico. Invade il suo spazio visivo, come emotivo, e desidera includerlo nella sua installazione artistica, che spesso riempie anche concretamente lo spazio adibito ad essa stessa.

Da Firenze a Palazzo Strozzi con Ai Weiwei, celebre artista cinese, al Macro di Roma con Anish Kapoor, il panorama museale sta assecondando il trend dell’“iper-avanguardia” contemporanea, dove più che la bellezza e il contenuto conta la violenza espressiva associata ad una discutibile denuncia sociale.