100 opere di artisti provenienti da 25 nazioni sono state ieri accolte a Roma, nel cuore del Palatino, e vi rimarranno esposte fino al 29 ottobre 2017. La mostra che da ieri è stata aperta al pubblico si chiama: "Da Duchamp a Cattelan, Arte Contemporanea sul PALATINO''.

Alla riscoperta del Palatino con tanti artisti

Questa grossa iniziativa è stata promossa con un doppio scopo: da un lato, rendere noti artisti emergenti che si faranno strada con le loro opere tra quelle di artisti inneggiati quali ad esempio M. Duchamp (giusto per citarne uno); dall'altro, consentire la riscoperta del Palatino.

A tal proposito, sono state aperte al pubblico aree che solitamente restano chiuse ai visitatori, come la Domus Augustana, lo Stadio Palatino e le Terrazze Severiane.

Dunque, accanto alle opere dei maestri Marina Abramovic, Marcel Duchamp, Gilbert & George, Vettor Pisani, Michelangelo Pistoletto, Mario Schifano e Mauro Staccioli, sono esposti lavori di artisti contemporanei come Maurizio Cattelan, Anya Gallaccio, Cai Guo-Qiang, Claudia Losi, Paul McCarthy, Sisley Xhafa, Vedovamazzei e Luca Vitone.

Questa esposizione non è altro che un omaggio alla memoria in chiave contemporanea; omaggio che non ha visto un plauso generale, ma solo da parte di coloro che Roma già la vivono. L'altra campana è composta dai turisti, i quali osannano la visita alle rovine senza 'distrazioni' di alcun tipo, anche si dovesse trattare di opere d'arte, come in questo caso.

Le rovine spoglie da qualsiasi artificiosità, insomma.

Una mostra rivolta a un pubblico 'di massa'?

Circa l'esito dell'esposizione si è espresso il suo ideatore Francesco Prosperetti: ''La mostra sarà accolta con favore, dal momento in cui si tratta di avere a che fare con un pubblico che per lo più è di massa e che quindi ha più dimestichezza con il linguaggio degli artisti contemporanei che non con le rovine antiche''.

Ma, ciò che forse sfugge a Prosperetti è che 'la massa' (così definita), spesso e volentieri si accontenta di godere di una o due proiezioni e non riuscirebbe mai a cogliere il messaggio che gli artisti vogliono infondere con le loro opere, come l'invito alla riflessione sulla condizione umana di T. Kirkoff, rappresentato attraverso le scatole di frutta e sacchi di iuta stampati con immagini di migranti.

L'approccio all'arte contemporanea

Come ci suggeriscono i grandi Maestri, la contemporaneità vive di vita propria, interpretando temi quali la comunicazione, l'identità e la creazione con ironia, rifiutando ogni postulato. L'arte spesso diventa dissacrante e provocatoria, dal momento in cui non si tratta più di 'fare' arte ma di 'scegliere'. Di conseguenza, chiunque può essere artista e tutto può diventare arte, basta riuscire a sottrarsi alle schematizzazioni mentali che tendono a incasellare la realtà all'interno di una griglia rigida.

Il pubblico, in questa nuova concezione di arte, è al centro dell'opera d'arte, interagisce con essa distaccandosi dal concetto vero e proprio di 'spettatore passivo' o 'voyeur'.

Questo nuovo suo ruolo gli viene affibiato prima di tutto per il fatto che, al posto di trovarsi dinanzi a vera e propria arte accademica, si ritrova a imbattersi in oggetti della vita quotidiana la cui vista e uso ci sono familiari. In questi casi entra in gioco il concetto di arte intesa come 'scegliere' e, come sopracitato, chiunque può 'scegliere'.

Al Palatino le opere d'arte sono perlopiù interventi che suggeriscono differenti percorsi di comprensione dell'antico, una rivisitazione delle rovine in chiave contemporanea. In parole povere, antico e moderno a confronto o uno sopra l'altro o, ancora, uno all'interno dell'altro, a seconda dell'ottica che viene utilizzata nel percepire il tutto.