Siete tra i milioni di lettori che hanno letto la saga letteraria thriller Millennium scritta dallo svedese Stieg Larsson? Ebbene siete dei reduci, perché dopo la morte prematura dello scrittore svedese siete rimasti orfani. Ma il mondo della letteratura presenta delle particolarità, ed ora i nostalgici possono approfittare di altri 2 tioli aggiuntivi scritti dal 57enne scrittore David Lagercrantz, conterraneo di Larsson. Quello che è stato ribattezzato come lo "pseudo-Larsson" provoca negli affezionati lettori un senso di straniamento: manca nella lingua di Lagercrantz quel ritmo fluente che era una caratteristica dell'inventore della saga, che ha anche generato due serie di film a lui ispirati.

Perché allora riproporre Millennium con la dicitura abbastanza fasulla di "continua la saga di Stieg Larsson"? Perché milioni di lettori erano in astinenza da personaggi: dal giornalista Mikael Blomkvist, ma soprattutto da quello della nerd Lisbeth Salander, uno dei personaggi femminili più intriganti ed affascinanti nella letteratura di genere.

Il nuovo Millennium non convince

Che fine ha fatto il settimanale di inchiesta Millennium che smaschera soprattutto il crimine economico? Sta resistendo alla crisi del cartaceo ed alla fine di un'imprenditoria che vedeva nel buon giornalismo un fiore all'occhiello da promuovere? Dov'è Lisbeth, la giovane donna che segnata da un'infanzia tremenda unisce un'intelligenza scientifica da Premio Nobel ad un'aggressività senza alcuna forma di mediazione culturale?

Ebbene in "L'uomo che inseguiva la sua ombra" (pagg. 496, euro 21), pubblicata dall'ottima Marsilio nella storica traduzione di Laura Cangemi affiancata da Katia De Marco abbiamo le nostre risposte: Mikael e il suo Millenium si sono ripresi con l'aiuto di Lisbeth che li ha aiutati con le sue ultime rivelazioni salvando un bambino.

Ma la Salander per i suoi metodi poco convenzionali ci ha guadagnato qualche mese di galera a Flodberga. Altri segreti sembra siano pronti ad uscire sulla tormentata infanzia-adolescenza della nostra coraggiosa eroina, e ritroviamo anche in scena vecchi personaggi della saga come il tutore Holger Palmgren e Malina. Blomkvist cerca di capire quale identità si celi dietro il mite Leo.

Ma noi ben contenti di avere ritrovato soprattutto Lisbeth, ci chiediamo se il gioco valesse la candela: si può ricorrere alla pseudo-narrazione per far rivivere personaggi amati sacrificando il ritmo, la lingua, la paternità letteraria?