Come ve la immaginereste la Pianura Padana orientale interamente ricoperta di boschi e popolata da cervi e persino da orsi? Uno scenario che dovrebbe portare indietro le lancette del tempo di 3000 anni, facendoci fermare sulle rive del Po dove potremmo vedere dei villaggi la cui origine risale al 1200 A.C. e delle popolazioni molto operose che lavorano materie prime pregiate ricavando un commercio fiorente che collega la Grecia con l'Europa Settentrionale. Stiamo parlando degli antichi insediamenti abitativi di Frattesina e di Campestrin, il primo nei pressi di Fratta Polesine, il secondo di Grignano, entrambi centri dell'attuale provincia di Rovigo.

I resti dei villaggi protostorici che hanno costituito una Civiltà del Bronzo, fra fitte aree boschive e paludi deltizie, sono stati scoperti cinquant'anni fa grazie all'attività di un gruppo di ricercatori del Cpssae, Centro polesano di studi storici, archeologici ed etnografici, che con un impegno volontario dedicarono le loro competenze scientifiche alla valorizzazione territoriale a pochi anni di distanza dal superamento della terribile esperienza dell'alluvione del 1951. I reperti affiorarono a seguito di segnalazioni in poderi privati nella primavera del 1967 e l'ultimo numero di marzo-aprile 2018 della rivista bimestrale Archeologia Viva riserva alcune pagine a quest'argomento.

Un convegno internazionale al Museo dei Grandi Fiumi

Per celebrare i 50 dalla scoperta, dal 13 al 15 aprile 2018 si è svolto al Museo dei Grandi Fiumi di Rovigo un simposio con partecipazioni internazionali e i maggiori esperti di Protostoria italiana ed europea si sono incontrati per tracciare un bilancio sugli esiti di una ricerca di valore inestimabile ma ancora poco conosciuta.

Nell'epoca di Frattesina e Campestrin il nord Adriatico offriva i porti per una vasta rete di scambi commerciali e culturali che univano il bacino del Mediterraneo fino alla Scandinavia. Rame, stagno, oro, ambra, avorio e uova di struzzo arrivavano nelle terre dell'antico Delta Padano dove divenivano manufatti ed ornamenti preziosi grazie a processi di lavorazione ben strutturati e che caratterizzavano economia ed organizzazione sociale.

E' ipotizzata nei villaggi la presenza di "principi" o reggenti del potere politico che suddividevano le materie prime fra le organizzazioni artigiane. Frattesina, inoltre, si distinse per la produzione metallurgica e dei più antichi vetri e monili in ambra mai realizzati in Europa. Ciò che occorre sottolineare è che duemila anni prima di Venezia lungo un ramo del Po ora scomparso si è sviluppata una civiltà avanzata, crocevia di importanti linee di traffico commerciale e che costruiva case e capanne sulla terra ferma fra un'ampia rete di canali.

Gli studi precedenti

Il Cpssae, dopo il ritrovamento del 1967, svolse nel 1968 i primi saggi di scavo a Frattesina e nell'anno successivo seguì un'ulteriore scoperta relativa all'abitato protoveneto di Villamarzana, mentre nel 1972 si tenne il primo Convegno Archeologico di Rovigo.

Il 1974, invece, fu l'anno del seminario intitolato Il Protovillanoviano nell'Italia Padana i cui atti furono pubblicati su Padusa, la rivista specializzata del Cpssae, e la comunità scientifica nazionale fu informata della ricorrenza di studi incentrati sul Medio Polesine nell'Età del Bronzo. Iniziarono così gli scavi diretti dalla Professoressa Anna Maria Bietti Sestieri, titolare della cattedra di Protostoria Europea all'Università del Salento, facoltà dei Beni Culturali, che presentò i risultati delle indagini archeologiche in molti convegni internazionali. Anna Maria Bietti Sestieri oggi, in qualità di componente dell'Accademia Nazionale dei Lincei, fa parte del Comitato Scientifico sugli scavi di Frattesina.

A proposito delle tre giornate di studi al Museo dei Grandi Fiumi, il Sindaco di Rovigo Massimo Bergamin ha dichiarato: "Siamo felici di essere promotori di un'iniziativa così importante che testimonia e riconosce la ricchezza archeologica del Polesine"; e l'Assessore alla Cultura Alessandra Sguotti ha aggiunto che "uno dei principali obiettivi è diffondere la conoscenza delle bellezze museali e dei beni architettonici cittadini". Un invito raccolto dagli istituti scolastici di Rovigo Celio-Roccati e De Amicis i cui studenti, nell'ambito dei progetti di alternanza scuola-lavoro" hanno curato l'accoglienza del pubblico per le visite gratuite al Museo.