Il momento giusto è il secondo romanzo di Roberto Oliva, giovane scrittore campano. Edito nel dicembre 2017 dalla casa editrice indipendente 0111 Edizioni per la collana LaBianca: narrativa non di genere.

La storia è raccontata in prima persona dal protagonista, Mattia, Tic per gli amici, ed ambientata tra Napoli e il “paesello” natio del narratore.

Mattia è un giovane adulto, almeno anagraficamente, ha trent’anni e una gran confusione in merito al suo futuro. Si trova alle prese con un trasloco imminente da fare, studente fuoricorso iscritto alla magistrale di Lettere e disoccupato, non può più permettersi di pagare l’affitto della stanza in città, o meglio, i suoi genitori non hanno più intenzione di farlo.

Per fortuna che nel momento del bisogno accorrono gli amici e così Walter, l’amico di una vita (che convive con la fidanzata Marianna) gli offre casa sua o, per meglio dire, il divano del salotto come rifugio provvisorio per fuoriuscire da questa maledetta e vorticosa impasse in cui annaspa ormai da tempo.

Tic vive una vita “sospesa” da circa 6 anni, infatti, ha scritto un romanzo lasciato incompleto e da 4, invece, non dà più esami all’Università, gliene mancano ancora nove e nessuna voglia di prepararli. Perché? A tutto ciò si aggiunge una relazione finita poco bene con Eleonora, l’ex a cui crede di essere ancora sentimentalmente legato.Tuttavia Mattia non è solo nevrotico e malinconico ha anche uno spiccato humor: "La senti, no?

La tipica essenza delle case degli studenti…”.- “Sudore, impegno e sete di conoscenza?”.- “No, muffa, marijuana e puzza di umidità”.

Onesto con sé stesso e con i lettori sin dall’inizio riguardo alla sua nullafacenza: “Quanto a trovarmi un lavoretto, beh, mi risultava alquanto complicato. […] dal punto di vista pratico, non so fare assolutamente niente: non so cambiare una lampadina, non so guidare, non so come funziona una lavatrice, non so cucinare né servire ai tavoli […].

Detto questo, e non tralasciando la mia indisposizione alla fatica in generale, non è che ci fosse proprio la fila per assumermi, ecco”.

Intanto il tempo trascorre tra feste di laurea (degli altri), passeggiate in solitaria, aperitivi mattutini analcolici, cene a quattro organizzate dagli amici e pomeriggi desolanti in compagnia degli ex-coinquilini, Giorgio, Dario e Angelo, intenti a giocare alla playstation e a mangiare patatine e biscotti, nel vano tentativo di trovare consolazione al proprio disagio esistenziale: “Appena mi mettevo a letto la mia mente iniziava a vorticare a velocità insostenibili, un frullatore di ricordi e progetti e idee brillanti che la mattina seguente si rivelavano non così brillanti”.

L'incontro con Alice

Poi una mattina in libreria l’incontro con Alice, “l’apparizione in blu”, portatrice di una doppia rottura: quella dell’amicizia con Walter, ma anche quella dall’angusta e paralizzante impasse. Alice, infatti, è la boccata d’ossigeno che darà una svolta alle giornate di Mattia. Senza rendersene conto riuscirà a concludere il romanzo ricevendo una proposta di pubblicazione (non senza complicazioni), ma soprattutto ad accettare e superare la sua paura di amare un altro “essere umano”.

E così inizia la storia d’amore con Alice con un primo bacio scoccato sulle note di Aida di Rino Gaetano nel giorno del suo compleanno-noncompleanno. Ma la routine quotidiana ed Eleonora che tenta, forse, un ritorno minano la stabilità della coppia.

Come andrà a finire?

La penna di Roberto Oliva firma un romanzo introspettivo che tocca temi quotidiani quali amore, amicizia, tradimenti, precarietà, attacchi di panico, paure, vegetarianismo, utilizzando con disinvoltura uno stile ironico e descrittivo.Tutte le pagine sono popolate da svariati riferimenti musicali, cinematografici, teatrali e letterari, anche se il filo rosso – senza dubbio – risulta essere l’opera Aspettando Godot di Samuel Beckett.

Insomma il lettore sarà perennemente stimolato e non avrà difficoltà ad entrare in empatia con Tic in quanto personaggio buffo, vulnerabile, romantico e – sotto certi aspetti – 'maledetto': “Mi piaceva girovagare per le strade della città, senza meta, raccogliere impressioni sulle cose intorno a me, fingermi un flâneur parigino dell’Ottocento che guarda la gente per trarne pungenti osservazioni sulla condizione umana, mentre invece ero solo un patetico fuoricorso che dormiva sul divano di un amico e non sapeva come impiegare il tempo che lo separava dall’ora di pranzo”.