Venerdì 5 aprile 2019 è uscito 'Booriana', ultima fatica discografica di En?gma che questa volta ha partecipato attivamente alla produzione di tutte le basi, assieme a Kaizén, suo storico producer con il quale l'alchimia creativa, consolidata da anni, sembra aver raggiunto un ulteriore upgrade. L'album è a dir poco variegato e ricco di spunti, sia dal punto vista lirico che sonoro. Una varietà che si riscontra anche nelle tante collaborazioni presenti nel disco, che include infatti esponenti di quasi tutti i principali filoni stilistici dell'ormai vastissimo panorama Rap italiano contemporaneo.

L'artista ci ha concesso un'intervista esclusiva.

Per prima cosa ti volevo chiedere una precisazione sul significato del titolo, il più immediato è tempesta, uragano ed il disco é effettivamente una tempesta, soprattutto a livello sonoro, perché è molto vario ma sempre dirompente, pure negli episodi più introspettivi c'è sempre tanta energia. Allo stesso tempo però sembra che nulla sia lasciato al caso e questo è un tratto caratteristico della tua musica da sempre, è difficile trovare qualcosa che non dia l'impressione di essere stato ponderato a dovere.

Erano tanti anni che volevo chiamare un disco così. In realtà Booriana è un termine che si usa moltissimo qui ad Olbia, a volte viene anche declinato, ad esempio per dire che sta piovendo si dice 'Sta burianando'.

E' un termine che richiama anche l'olbiesità che è sempre insita in me. Detto questo, hai notato bene il discorso dell'essere dirompente e dell'enfasi che c'è nel disco, è proprio questo che volevamo trasmettere con Kaizén, musicalmente parlando. Dal punto di vista lirico invece, come sempre per me, l'album rappresenta una purificazione.

Questo è un aspetto metaforico del post tempesta, la pioggia spesso porta purificazione ed è ciò che è avvenuto anche questa volta per quanto mi riguarda. Nulla è lasciato al caso, questa dirompenza voleva essere propria soprattutto della questione musicale, non è presente solo nei brani più cattivi, come ad esempio 'Booriana sul groove'.

Quando entra il basso in quel pezzo sembra proprio che stia per arrivare un temporale, ma anche nelle strumentali più calme c'è sempre l'atmosfera della pioggia, delle tempeste.

Questa volta hai partecipato alla produzione di tutte le basi dell'album. Volevo capire a livello pratico quanto c'è di tuo in questi beat ? Il tuo contributo è stato più una sorta di supervisione o c'è la tua mano anche nella scelta dei campioni, della ritmica, dei suoni.

Sono contento che me lo chiedi perché è un aspetto di cui vado molto fiero. C'è molto di mio. La supervisione da parte mia c'è sempre stata, anche nei miei dischi precedenti. Questa volta è capitato spesso di partire proprio da alcune mie idee, campioni tagliati come volevo io, stesso discorso per la ritmica.

Ci sono delle basi più mie ed altre che invece sono più di Kaizén, diciamo che alcune sono mie al 50 %, altre al 30, altre ancora al 70. Ripeto, è una cosa a cui tengo molto, curando anche le produzioni diventi un artista a 360 gradi.

Ma è una cosa che dipende dalla tua alchimia con Kaizén, ormai consolidata, o avresti potuto farlo anche con altri produttori ?

No, è impossibile. Quando inizio a parlare di ritmica e campioni Kaizén sa già dove voglio andare a parare, abbiamo lavorato e creato in simbiosi, non è che sviluppavo un'idea e poi gliela mandavo, o viceversa. Abbiamo fatto tutto insieme in studio, dall'inizio alla fine. Con un altro non sarebbe mai potuto accadere.

Può sembrare banale, ma ci sono anche degli aspetti per cui risulta fondamentale la confidenza che hai con l'altra persona.

Per dialogare in ambito creativo è determinante, magari se non hai abbastanza confidenza sei portato a intervenire meno, per non risultare invadente, e alla fine la strumentale non viene come volevi. Io e lui ci conosciamo da quindici anni, a livello umano siamo sempre stati amici fraterni, è tutta un'altra storia.

Sono arrivati prima i testi o prima le musiche ?

Prima la musica. Abbiamo iniziato a lavorare nel periodo post 'Terranova', da fine luglio fino a inizio ottobre abbiamo concluso tutte le strumentali, ce ne erano anche tante altre che abbiamo scartato. E' stata in assoluto la parte più divertente, poi mi sono preso tutto l'autunno per scrivere.

La scrittura è un aspetto più travagliato, più purificatorio, come dicevo prima, ma anche più difficile, perché devi tirare fuori delle cose intime, devi scavare dentro di te, fare introspezione.

Quindi sì, sono arrivati prima i suoni, in realtà ho fatto sempre così, anche in passato, mi faccio suscitare le emozioni dalla musica.

Una delle tracce che ho preferito del disco è 'Indifesi', un pezzo in cui hai letteralmente prestato la voce ad un migrante. Come ti è venuta l'ispirazione per questo brano ? E perché hai scelto proprio di immedesimarti in prima persona ?

Volevo riuscire a far immedesimare l'ascoltatore. Volevo far capire, visto che ormai ci propinano la questione migranti come un problema, quanto sia invece problematica la posizione e il punto di vista di queste persone, quanto possa essere duro lasciare tutto ed affrontare viaggi del genere per raggiungere altre terre, ed essere poi percepiti come problemi una volta arrivati.

Non si pensa spesso a questo.

Lo scopo del pezzo è far mettere l'ascoltatore nei panni scomodi del migrante, ovviamente non è facile farlo con una canzone.

Questo genere di argomento è ancora trattato molto poco nel rap italiano, nonostante il rap sia il genere più ascoltato d'Italia, e il pubblico rap sia sensibile alla tematica. Secondo te perché siete così pochi a parlarne ?

Ho fatto questo pezzo proprio perché credevo mancasse una canzone così, totalmente centrata sul tema, sempre più caldo negli ultimi mesi, ma attuale da anni. Per quanto riguarda il discorso dell'affrontare poco queste tematiche nella musica ti dico questo, e faccio anche riferimento a quello che è stato il primo singolo del disco, 'Misundertstanding': se affronti certe tematiche, molti ti tacciano di qualunquismo.

Purtroppo molte persone – mi riferisco soprattutto al pubblico 'più pop' – non vogliono sentirsi raccontare certe cose, perché dal loro punto di vista vengono già bombardate dai media, vogliono sentire canzoni più leggere. Ed è per questo motivo che determinati artisti, che magari avrebbero più cassa di risonanza rispetto a me per trattare certi argomenti, non lo fanno: non è conveniente. Nessuno di questi artisti rischia, preferiscono fare canzoni leggere o canzoni d'amore, cose che alla fine sicuramente funzioneranno di più. Credo che molti, anche in ambito mainstream, siano sensibili all'argomento, tanto quanto me, però le canzoni così non vendono.

In passato avevi dichiarato di essere stato insultato con appellativi razzisti da qualcuno che ti aveva scambiato per un ragazzo di colore.

Questa cosa può aver influito sulla tua voglia di immedesimarti ?

Sicuramente sono episodi che ti aprono ad un altro punto di vista, però sinceramente l'ispirazione l'ho avuta molto più leggendo ed informandomi su quello che sta succedendo, informarmi ha tirato fuori la parte più commuovente della vicenda. Quando mi sono capitati episodi di fraintendimento razziale l'ho presa sul ridere, perché la stupidità razzista va derisa con un sorriso.

Avere dei pregiudizi razziali è una cosa anacronistica nel 2019, anche se purtroppo è attuale. Per quanto riguarda me ho sempre sdrammatizzato con una risata, credo tu faccia riferimento ad un post dovevo raccontavo che in discoteca mi avevano dato del ne**o di me**a.

Sì era quello. Prima hai citato 'Misunderstanding', che è una fotografia molto attuale, molto pungente della contemporaneità dell'Italia. In certi momenti sembri disincantato e sarcastico, in altri sembri più arrabbiato, quasi deluso. Qual è per te la dimensione preponderante del brano ? Ammesso che ci sia, magari possono tranquillamente coesistere.

Un po' si equivalgono ma io la chiudo incazzato sei ci fai caso. Alla fine, anche perché si fa riferimento al crollo del ponte di Genova, c'è sicuramente più incazzatura. La dimensione più sarcastica e giocosa, così come la dimensione un po' più pop della strumentale, ha rappresentato più che altro una sorta di cavallo di Troia per entrare nella testa della gente.

Diciamo che è una delusione incazzata. Io non sono uno di quelli che dicono che bisogna andare via dall'Italia. Ho sempre visto delle potenzialità enormi in questo paese, come le vedo nella Sardegna nel nostro piccolo. Potenzialità che spesso non vengono esaltate perché siamo letteralmente ostaggio della burocrazia, siam rinco****niti da un sacco di cose, una Ferrari guidata da un ubriaco.

Nella traccia con Emis Killa si parla di quanto scrivere possa salvare l'anima. Se non fossi riuscito a diventare uno che vive delle canzoni che scrive, uno che è riuscito a farne un lavoro, a questo punto della tua vita la musica sarebbe comunque il tuo paracadute ? Avrebbe lo stesso peso ? Avresti continuato a scrivere in ogni caso ?

Ci penso spesso, perché, detto sinceramente, nella mia posizione nulla è scontato. Io non ho una major dietro o dei finanziatori. Ogni anno investo i miei soldi per fare un disco, è una scommessa. Fino ad ora ha funzionato, però potrebbe non funzionare, magari già dal prossimo mese (ride, ndr), se il disco non dovesse andare bene.

So benissimo che potrei dovermi reinventare lavorativamente parlando. Ovviamente è chiaro che in quel caso avrei meno tempo da dedicare alla scrittura, però non smetterei mai del tutto, non verrebbe mai meno il discorso dello sfogo. Ormai per me scrivere è veramente una terapia. Magari non pubblicherei un disco all'anno, ma continuerei sicuramente a lavorare alla musica, tirerei sempre fuori dei progetti, anche fossero solo per gli amici.

Nel disco ci sono tante collaborazioni, molto varie. Sono artisti molto diversi tra loro e c'è quasi tutto quello che si può trovare nel panorama rap italiano di oggi, fatta eccezione per la trap. Vorrei una battuta su ognuno di loro.

Potete leggere la seconda parte dell'intervista cliccando QUI