J'Accuse di Roman Polanski è stato presentato il 30 agosto al Lido di Venezia fra i titoli in concorso alla 76^ Mostra del Cinema.

Il film ripercorre il "Caso Dreyfus" riguardante la vicenda dell'ufficiale ebreo accusato di alto tradimento e spionaggio con i tedeschi nella Francia del 1895. Privato dei gradi e del ruolo Dreyfus fu esiliato per anni nella sperduta "Isola del Diavolo" dividendo l'opinione pubblica fra innocentisti e colpevolisti, fino al celebre articolo dello scrittore Emile Zola che dà il titolo al film e che denunciava la crudeltà dell'errore giudiziario.

In questo suo lavoro l'86enne Polanski ha ammesso la traccia autobiografica essendo dovuto sfuggire a soli tre anni, riparando con la famiglia a Varsavia, alla persecuzione antisemita diffusasi in Francia dove era nato. Nella capitale polacca, però, fece esperienza del ghetto pur riuscendo a mettersi in salvo, mentre entrambi i genitori furono confinati nei lager del Terzo Reich. Il genere autobiografico non è cosa nuova per il cineasta a cominciare dagli albori degli esordi con il cortometraggio Rower del 1955 per culminare con Il pianista che gli è valso la Palma D'Oro a Cannes nel 2002 e l'Oscar nel 2003.

Alle spalle le polemiche per il primo piano dell'arte

"J'Accuse" ha suscitato le reazioni della Presidente della Giuria della Mostra Lucrecia Martel che aveva dichiarato, in adesione al movimento Metoo, di non voler partecipare al gala del film a causa dell'accusa di violenze di una tredicenne pendente su Roman Polanski per fatti avvenuti a Los Angeles nel 1977.

La Mertel ha successivamente mitigato le sue posizioni affermando di non nutrire alcun pregiudizio verso il film in concorso, ma il regista non ha raggiunto il Lido di Venezia. Alla conferenza stampa per la presentazione dell'opera hanno partecipato i produttori Luca Barbareschi e Alain Goldman insieme al cast costituito, principalmente, da Jean Dujardin, Louis Garrel, Emmanuelle Seigner, moglie 53enne di Polanski che proprio il 30 agosto 2019 ha festeggiato il trentesimo anniversario di matrimonio.

Garrel, che ha interpretato Dreyfus, ha ricordato un pensiero di Lev Tolstoy secondo il quale il vero valore dell'arte consiste nell'invito agli uomini a fare il bene. Il messaggio è stato ripreso da Luca Barbareschi che nel film si è ritagliato una piccola parte e che ha citato Jonathan Sacks ed il suo libro "Non in nome di Dio".

Macchinazioni e violenze non possono essere perpetrate in nome della religione tanto quanto verità e libertà non dovrebbero essere adulterate dai veleni delle persecuzioni. Il riscatto di Dreyfus è avvenuto al prezzo di durissime e spietate battaglie che si sono avvalse di un vero eroe, Georges Picquart (impersonato da Jean Dujardin), a capo dell'Ufficio Informazioni dello Stato Maggiore militare, convinto dell'innocenza dell'ufficiale ebreo.

Polanski ha ricostruito il clima di questa vicenda storica a tratti con la cupezza che potrebbe essere quella di Victor Hugo nel libro "Le ultime ore di un condannato a morte", a tratti con una grazia che potrebbe ricordare le suggestioni di un quadro impressionista.

Il film non scade mai nell'affresco di maniera e sa individuare il profilo della speranza al quale affidare possibilità e itinerari di giustizia. "Il caso Dreyfus precede l'Olocausto - è stato detto durante la conferenza stampa - ed il Cinema è il miglior strumento per concorrere a vincere discriminazioni ed ignoranza".