Angelo Iannelli è un professore di Lettere, cantautore, scrittore e attore e ha lavorato, tra gli altri, con Corinne Cléry, Michele Placido e Alessandro Haber. Lo abbiamo incontrato in occasione dell'uscita del suo ultimo singolo "Il bambino di Aleppo", brano già recensito e piuttosto discusso sul web.

L'intervista ad Angelo Iannelli

Angelo, il tuo CV è ricchissimo, hai fatto davvero di tutto e spaziato dal teatro alla Tv, alla letteratura ed alla canzone, tanto che l'8 novembre uscirà il tuo ultimo singolo "Il bambino di Aleppo". Raccontaci com'è nato questo brano.

La canzone è nata tra il 2016 e il 2017 in seguito alla visione del terribile video del piccolo Omran Daqneesh, il bambino siriano divenuto, suo malgrado, il simbolo della guerra in Siria. Annalisa Parente, che ha scritto con me il testo del brano, mi ha proposto di scriverci qualcosa insieme e mi ha fatto leggere dei versi che le erano venuti in mente. Colpito dall'episodio e dalle parole forti e struggenti di Annalisa, abbiamo iniziato ad elaborare l'intero testo, direi addirittura che lo abbiamo elaborato negli anni, tanto che la versione definitiva è venuta fuori ad aprile dello scorso anno.

Nel 2017, intanto, avevo una melodia che reputavo forte e con un ritornello abbastanza orecchiabile.

L'unione del testo e della musica è stata un'operazione quasi automatica, perché il mio obiettivo era proprio quello di creare qualcosa di perturbante, diciamo così, unendo una melodia dall'andamento ironico, quasi allegra e spensierata, a un messaggio di fondo che invece andava da tutt'altra parte. Nel ritornello, in cui presto la voce a tutti noi - anche a me stesso - e in cui chiamo il bambino con un tragicomico "Ehi!", e poi gli dico semplicemente "Na na na na", credo di aver raggiunto questo obiettivo.

Mi viene in mente Pirandello, la differenza tra comico e umorismo… alla fine si torna sempre là. Anche nelle strofe, soprattutto grazie all'alternanza dei registri linguistici, credo che sia venuto fuori qualcosa di estremamente anomalo.

Chi è esattamente questo bambino di Aleppo?

È vero che questo bambino di Aleppo è senza dubbio Omran, perché da quella terribile storia ha preso spunto la canzone, ma il bambino di Aleppo nel testo del brano è poi diventato qualcosa di più universale, qualcosa che riguarda un sentimento così comune che ormai ci sembra del tutto normale: l'indifferenza.

"Ora non posso guardarti", è tutto qui il senso della canzone. In fondo questo è un brano sulla solitudine, come quasi tutti i miei pezzi. Persino ne "Il cannocchiale" pensavo alla solitudine di Galilei, per non parlare di "Non lo so" e delle ultime canzoni. Ma anche nei brani apparentemente più lontani dal tema, in cui magari racconto una storia o parlo di sentimenti positivi, questi ultimi sono soltanto uno strumento per esorcizzare la solitudine e la malinconia, che poi sono i sentimenti che forse davvero prova la mia generazione: parlo di tutti noi nati alla fine degli anni Ottanta che ci siamo sentiti o ci sentiamo ancora un po' abbandonati a noi stessi, che il disagio lo viviamo interiormente per forza di cose, che poi in realtà ci sentiamo - giustamente - proprio giovani giovani, ma che quando vediamo giocare Zaniolo e sentiamo il telecronista dire "gol del ragazzo classe '99", allora sì che ci prende un colpo.

Io mi sa che mi devo ancora riprendere [ride, N.d.R].

Dici che "Il bambino di Aleppo" parla non solo di ciò che non vogliamo guardare, ma anche dell'eccessiva importanza che personalmente ci si dà in questa epoca. Qual è secondo te il segreto, il modo per non darsene troppa ed essere più concreti e sinceri?

Bella domanda! Non lo so, forse è proprio questo il punto, pensare "ma io in fondo chi sono? Quanto valgo?", e rispondersi con un "non lo so, forse non valgo niente, o forse valgo niente". È un concetto su cui rifletto da tempo, nella mia canzone di qualche anno fa, "Il cannocchiale", scrissi: "Mettici l’occhio e non sarai più solo, scoprirai che sei un puntino in volo che presto, un giorno, sparirà".

Hai delle aspettative riguardo a questo tuo ultimo progetto musicale?

Il desiderio più grande è che la canzone non venga usata in modo becero in chiave politica e quindi strumentalizzata, ma venga ascoltata ed eventualmente utilizzata sempre con l'intelligenza e la profondità che la tematica richiede. Visto che oggi va molto di moda fare il leone politico, soprattutto sui social, spero davvero che tutto questo non accada. Lo dico subito: "Il bambino di Aleppo" non è una canzone buonista, anzi, è proprio cattivista. A parte le battute, siamo in un periodo molto triste della politica, c'è una guerra ai poveri e tra poveri che non mi piace proprio per niente. Per oggi mi fermo qui…".

Molti tuoi lavori precedenti, non unicamente musicali, sono forse più incentrati su uno studio della storia, dell'antico che si intreccia al presente.

Con questo brano però ti catapulti nettamente ai giorni nostri, parli del presente, della realtà di molte persone: è stata un'esigenza quella di tramutare questa contemporaneità in musica?

È vero quello che dici, senza saperlo è successo proprio questo. Probabilmente ho sentito l'esigenza di tornare alla realtà quotidiana, alle grandi e alle piccole cose della nostra vita di tutti i giorni, perché magari, inconsciamente, mi sentivo in pericolo davanti all'idea di perdere contatti stretti con la realtà e l'attualità e forse anche con i miei piccoli e banalissimi sentimenti.

Quindi a chi consigli soprattutto di ascoltare "Il bambino di Aleppo?"

Intanto, per correre è perfetta.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Nel 2020 usciranno altri miei brani, che forse racchiuderò in un album. Stiamo ragionando sui tempi d'uscita, intanto a breve gireremo i videoclip del brano.