La Città Proibita è uscito nei cinema italiani il 13 marzo. Il film, prodotto da Wildside e da Goon Films e diretto dall'italianissimo Gabriele Mainetti, è il terzo lungometraggio partorito dal regista romano.
La Trama
Cina, 1995. la piccola Mei viene separata da sua sorella Yun da parte dei genitori per evitare denunce per via della ferrea e rigida "Politica del Figlio Unico" in vigore in quel momento nel paese. Divenuta ormai adulta, ai giorni nostri Mei (interpretata dalla stuntwoman Yaxi Liu) arriva a Roma alla disperata ricerca della sorella scomparsa.
Si imbatte nel cuoco Marcello, che lavora nel ristorante cinese un tempo di proprietà di suo padre. Insieme, si avventureranno per la città alla ricerca della sorella di Mei.
Regia e fotografia in La Città Proibita
Inutile girarci attorno: La Città Proibita è una vera e propria gioia per gli occhi, con la sua fotografia prevalentemente calda con colori però non molto carichi e anzi anche abbastanza desaturati in certi frangenti, unita ad una regia a dir poco eccellente, soprattutto nei primi e primissimi piani che valorizzano il volto di Mei e dei movimenti di macchina praticamente impeccabili nelle numerose sequenze action che compongono la pellicola e che vogliono palesemente omaggiare il cinema di arti marziali orientale di Hong Kong, con rimandi a film come I 3 dell'Operazione Drago o a videogiochi del calibro di Rise to Honor o Sifu.
Ma anche a grandi opere derivative come La Tigre e il Dragone di Ang Lee, moltissimi a Old Boy di Park Chan-wook, a The Raid di Gareth Evans o Kill Bill di Tarantino. Da quest'ultimo, in particolare, sembra aver attinto di più Mainetti per il suo film in termini di atmosfere, sebbene il tono sia molto meno grottesco e splatter rispetto a quella che è un'opera magna del cinema mondiale firmata dal regista di Knoxville. Davvero, le sequenze prettamente d'azione sono di livello eccezionale e non sfigurerebbero ad esempio in un qualsiasi film Marvel Studios. In certi momenti, alcune sequenze per come sono coreografate ricordano persino un grande blockbuster come Captain America: The Winter Soldier o Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli, ma con una qualità ed un appeal addirittura superiori (non a caso il fight coordinator del film, Liang Yang, ha lavorato anche a grandi produzioni hollywoodiane ad alto budget come Mission Impossible - Fallout).
Mainetti riprende l'ambientazione urban di una Roma grezza e sporca, già vista in alcuni dei suoi lavori precedenti come Lo Chiamavano Jeeg Robot o il corto Basette, stavolta però infestata dalla criminalità delle triadi cinesi, riuscendo a confezionare un action comedy thriller che si è rivelata essere una piacevolissima sorpresa, una perla del cinema nostrano degli ultimi anni.
Un'epopea familiare e una storia di vendetta
La Città Proibita è un'epopea familiare, che racconta la storia di vendetta di una ragazza, disposta a tutto pur di ritrovare sua sorella scomparsa innamorata di un ricco ristoratore romano il quale si ritroverà suo malgrado invischiato in un losco affare che lo obbligherà a vendere forzatamente il suo ristorante ad uno spietato esponente della mafia cinese, finendo per pagarne care le conseguenze.
Una grande critica sociale e un omaggio al cinema di supereroi
Una pellicola con una forte personalità che sfocia in una critica sociale anche abbastanza feroce nei confronti di una politica statale di repressione come quella attuata in Cina dal 1979 al 2013 per il controllo delle nascite, secondo la quale era proibito avere più di in figlio per famiglia.Una pellicola epica, che esalta la figura di Mei a vera e propria supereroina di quartiere e che proprio per questo sembra voler prendere tutto ciò che c'è di buono anche da un certo tipo di cinema ad alto budget che ha spopolato nelle sale negli ultimi quindici anni, come quello di supereroi, apprezzato molto da Mainetti (il suo Lo Chiamavano Jeeg Robot lo dimostra).
Un film divertentissimo, ma che riesce a mettere in scena un'ottima costruzione della tensione nei momenti salienti, che scorre fluido e senza tanti cali di ritmo, sebbene pecchi di un finale forse un po' troppo telefonato e scontato.