«È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio» diceva Albert Einstein, e mai parole si sono rivelate più vere se pensiamo agli stereotipi di genere.
Gli stereotipi di genere si riferiscono a ciò che storicamente le persone intendono riguardo all’essere una femmina o un maschio e ai ruoli che uomini e donne dovrebbero assumere, proprio in virtù del fatto di essere biologicamente femmina o maschio.
Gli stereotipi di genere non sono altro che immagini generalizzate riferite agli esseri umani che, se da una parte semplificano la complessità della realtà in cui si vive, dall’altra annullano le differenze individuali all’interno dei gruppi: infatti, in ogni civiltà, in ogni gruppo sociale, ci sono diversi stereotipi sessuali.
La pubblicità e gli stereotipi di genere in Italia
Per esempio, prendiamo gli spot pubblicitari: nella seconda metà del Novecento, in Italia, le pubblicità della Star o del detersivo Dash rappresentavano sempre una casalinga, che poteva trasformarsi in una massaia moderna o in una madre amorevole, ma comunque restava la protagonista assoluta di questi spot.
Col passare degli anni le cose sono cambiate, ma non del tutto: oggi le protagoniste delle pubblicità sono per la maggior parte sempre le donne (54% dei casi, contro il 31,8% degli uomini. Fonte: Indagine dell’Art Directors Club Italiano, Università Alma Mater di Bologna e Nielsen Italia), che però sono diventate multitasking e perciò riescono non solo a lavorare fuori casa, ma anche a cucinare cibi deliziosi, a fare i mestieri, a tenere in ordine la casa e a essere madri amorevoli e mogli sensuali.
Sul report dello studio menzionato sopra si può leggere che «a giudicare dalla narrazione pubblicitaria, il maschio italiano resta un “padre assente” (5,58%). Nel dicembre 2013 alcune aziende rappresentavano come modello di riferimento maschile l’uomo “professionista, l’uomo che si realizza attraverso le sue competenze e la sua determinazione».
Riguardo alle donne, invece, «Colpisce soprattutto un aspetto: i contenuti “creativi”, i messaggi che aziende e agenzie pubblicitarie, insieme, confezionano, raccontano essenzialmente un aspetto della donna: la fisicità».
Il Regno Unito, dal 2018, vieterà le pubblicità sessiste
Di recente, nel Regno Unito l’ASA (Advertising Standards Authority), l’organizzazione che autoregola le norme in materia di pubblicità, ha deciso di riformularne le regole per evitare la produzione di spot che rappresentino evidenti stereotipi di genere.
La discussione è nata in seguito alle polemiche riguardo a due pubblicità: una riguardava un marchio di latte in cui si ipotizzava che una bimba, da grande, diventasse una ballerina e un bambino, invece, uno scienziato.
L’altra si riferiva a prodotti dietetici e chiedeva al pubblico se avesse un fisico pronto per la prova costume, mostrando l’immagine di una donna molto magra in bikini.
L’ASA ha diffuso i motivi della riscrittura delle regole in materia di pubblicità affermando che «questi spot hanno conseguenze sugli individui, sull’economia e sulla società e, anche se la pubblicità è solo uno dei tanti fattori che contribuisce alle discriminazioni basate sul genere, standard più rigidi possono svolgere un ruolo importante nel combattere le disuguaglianze».
Nel rapporto si leggono, fra l’altro, alcuni tipi di spot pubblicitari che saranno vietati: per esempio, le scene di vita quotidiana in cui i membri di una famiglia fanno confusione in casa e poi lasciano da sola una donna a mettere in ordine, o una pubblicità in cui si ipotizza che una determinata attività sportiva sia adatta solo ai maschi e non alle femmine o, ancora, uno spot in cui un uomo sia incapace di svolgere mansioni domestiche o di prendersi cura dei propri figli.
- La pubblicità rispecchia la realtà?
La pubblicità racconta sempre un tipo di uomo e un tipo di donna, ma noi abbiamo l’obbligo di porci queste domande: gli spot rispecchiano davvero la società? Davvero la maggior parte delle persone sono così come vengono rappresentate dalla pubblicità?
E soprattutto: i modelli veicolati dalla pubblicità sono paritari o possono penalizzare un genere?