Ormai sembra chiaro che il governo è seriamente intenzionato a mettere mano alla previdenza sociale con il varo della famosa quota 100. Ogni giorno che passa l’ipotesi si fa sempre più concreta e adesso è la quota 100 con 62 anni, come proposto dal Vice Premier Matteo Salvini, ad essere quella più gettonata. L’età pensionabile della misura fissata a 62 anni significa aumentare la platea dei possibili beneficiari di questa nuova misura e tradotto in materia conti pubblici, significa un aumento del costo della misura per lo Stato italiano. Gioco forza quindi, la misura dovrà prevedere dei paletti e dei vincoli ben precisi, compreso quello relativo alla modalità di calcolo degli assegni pensionistici che dovranno per forza di cose essere fatti con il penalizzante sistema contributivo.

Tutto ciò significa che ai pensionati che opteranno per la quota 100, verranno erogati assegni inferiori a quelli effettivamente spettanti. Vediamo perché e come funziona il sistema contributivo.

I tre sistemi di calcolo

Come si calcola la pensione che si percepirà? I sistemi di calcolo della pensione previsti dall’Inps sono tre:

  • il calcolo retributivo;
  • il calcolo contributivo;
  • il calcolo misto;

Il primo, cioè il calcolo con il sistema retributivo è quello basato sugli ultimi stipendi o retribuzioni percepite cioè il sistema che si basa sui migliori redditi percepiti in base alla gestione previdenziale di appartenenza. Si tratta del sistema di calcolo più favorevole per i lavoratori ma anche quello più discusso perché molti lavoratori in passato sono riusciti a spuntare Pensioni più elevate grazie ad accordi più o meno leciti con i datori di lavoro che erogavano stipendi maggiori grazie a promozioni improvvise e scatti di carriera negli ultimi anni di lavoro prima delle pensioni proprio al fine di far lievitare l’assegno previdenziale.

Il sistema misto è quello che applica al calcolo delle pensioni, sia il sistema contributivo che quello retributivo. Per chi ha almeno 18 anni di contributi versati fino al 1995, ha diritto al calcolo retributivo della pensione fino a tutto il 2011, mentre per i periodi di lavoro successivi la parte di pensione di questi periodi sarà calcolata con il contributivo.

Per chi non è riuscito ad accumulare almeno 18 anni al 31 dicembre 1995 ha diritto al calcolo retributivo solo fino al 1995, con il contributivo che si applicherà agli anni successivi. Per chi ha iniziato a lavorare a partire dall’anno 1996, rientra nel sistema contributivo e con questo che si vedrà calcolare la propria pensione.

Proprio i sistemi di calcolo diversi dal contributivo sono il motivo per il quale l’attuale esecutivo Conte, tra le misure pensionistiche a cui pensa per la manovra di fine anno, ipotizza di varare il taglio degli assegni sopra i 4.500 euro netti (novità di ieri sera dopo il vertice Lega-M5S). In pratica, si vuole colpire le pensioni erogate in misura superiore alla contribuzione versata proprio per via dei vantaggi avuti per chi rientrava nel calcolo retributivo e misto. Evidente pertanto che chi si trova ad aver versato 18 anni di contributi prima del 1996 sarà molto penalizzato da quota 100 perché la pensione non sfrutterà il calcolo retributivo o misto per tutti i periodi di lavoro fino al 2012.

Come si calcola la pensione con il contributivo

Il calcolo contributivo si basa sui contributi effettivamente versati nel corso dell’attività lavorativa, rivalutati da un coefficiente che sale al salire dell’età pensionabile, cioè dell’età con cui ogni singolo lavoratore riesce ad andare in pensione. Il sistema è basato su due quote, la prima fino al 31 dicembre 1995 e la seconda per i periodi successivi. Il calcolo della quota relativa ai periodi di contributi versati dopo il 1995 è semplice. Si accantona il 33% della retribuzione lorda percepita rivalutandola per il cosiddetto Pil nominale, cioè l’indice della ricchezza nazionale che si registra annualmente e che comprende anche l’aumento o il calo del costo della vita secondo le stime Istat (l’inflazione).

La somma di tutti questi contributi rivalutati, moltiplicata per un coefficiente di trasformazione stabilito dall’Inps annualmente in base all’età di uscita del singolo richiedente la pensione, darà il montante contributivo della pensione. Per i periodi antecedenti il 1996 invece, si prendono a riferimento gli stipendi degli ultimi 10 anni prima del 1996 e si applicano le aliquote contributive allora in vigore.