Quella della soap opera Agrodolce è una storia davvero particolare che merita un approfondimento adeguato per comprendere come, anche un buon progetto, possa poi rivelarsi un disastro. Era il 2005 quando Giovanni Minoli, ai tempi Direttore di Rai Educational e già ideatore di Un posto al sole, ebbe l'intuizione di realizzare un progetto colossale che avrebbe dovuto bissare il successo della soap partenopea. L'idea di avere una risposta siciliana ad Un posto al sole nasceva con ottimi presupposti, ma quello che doveva essere un successo si trasformò in breve tempo in un incubo portando a un disastro economico e di immagine di proporzioni immani. Di seguito le 5 motivazioni che portarono alla chiusura anticipata di Agrodolce.
Una scuola come set
L’idea iniziale era quella di ottenere fondi da Sviluppo Italia per creare a Termini Imerese una sorta di nuova Cinecittà. Il progetto, inizialmente sontuoso, si arenò subito e si dovette ripiegare, come set, sull'utilizzo di una scuola della provincia ristrutturata per l'evento che aveva uno spazio di circa duemila metri quadri. Un primo colpo duro per i sogni di grandezza della produzione.
Costi esorbitanti
Nonostante i buoni propositi iniziali, il budget di Agrodolce venne ampiamente sforato. L'utilizzo (inutile per una soap), di molte scene in esterna, una fotografia ricercata, carrelli e dolby portò a raggiungere cifre spropositate. Ogni singolo episodio arrivò a costare circa 100.000 euro, un importo a dir poco indecente rispetto a quanto speso per Un posto al sole.