In Campania il 60% del parti avviene per via chirurgica, attraverso taglio cesareo. Un dato quasi doppio rispetto allamedia italiana (fissa su un comunque non confortante 35,5%), prima diMolise (48%) e Puglia (43%), ben lontano dalle virtuose Valle D’Aosta e Toscana dove il cesareo rappresenta il 20% dei parti totali. I numeriprovengono dall'ultimo rapporto del Cedap (Certificato di Assistenza al Parto, organo del ministero della Salute) e rivelano anche che le dieci strutture italiane peggiori in relazione alla percentuali di parti cesarei sono collocate proprio nella regione campana.

Dati che fanno gridare allo scandalo i vertici regionali, che negli scorsi giorni hanno annunciato un giro di vite sul fenomeno con revisione delle linee guida e decurtazioni economiche per gli ospedali che abusano delle pratiche chirurgiche. Vediamo insieme le loro affermazioni.

Il governatore Vincenzo De Luca: "Vergogna da cui dobbiamo liberarci"

Il parto cesareo,cometestimoniatoda innumerevoli studi, rispetto al parto vaginale comporta maggiori rischi per la donna e per il bambino, per questo dovrebbe essere effettuato solo in presenza di indicazioni specifiche. L'obiettivo fissato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità è il 15%, e l'Italia in generale è ancora lontana dal raggiungerlo.

Ma alcune regioni, come appunto la Campania, presentano dati allarmanti e una disparità fin troppo evidente rispetto alle altre. "A fronte di ospedali che in Lombardia hanno parti cesarei nella misura del 5%, in Campania abbiamo realtà in cui la proporzione è invertita (90%)": lo ha affermato il presidente della regione Vincenzo de Luca sul suo profilo ufficiale Facebook, aggiungendo: "È una delle eredità più vergognose che riceviamo dalla gestione sanitaria degli anni passati e di cui dobbiamo rapidamente liberarci.

Siamo al lavoro. ‪#‎LaCampaniaRiparte‬". Quali sono le motivazioni de troppo frequente ricorsi al bisturi dei ginecologi campani? Molteplici: oltre a fattori culturali (tradizionalmente è diffusa la falsa credenza che "cesareo chiama cesareo"), intervengono gli interessi economici: il parto per via chirurgica, senza troppi giri di parole, fa guadagnare di più gli ospedali in termini di rimborsi.

Quale risposta a questo fenomeno? Una indicazione di massima è arrivata daFrancesco Emilio Borrelli, capogruppo regionale di Campania Libera e Verdi. Borrelli ha assicurato di essere già al lavoro con la commissione sanità per modificare le linee guida regionali sulla pratica: l'idea è quella di equiparare il costo del cesareo a quello del parto naturale, diminuendo inoltre i rimborsi economici alle strutture che abusano della pratica chirurgica senza reali motivazioni. Per rimanere aggiornati sulle tematiche riguardanti la Gravidanza e il parto vi invitiamo a cliccare sul tasto "Segui" in alto.