Serve uno sforzo milionario da parte dello Stato, tramite il Ministero della Salute, per finanziare l’assegno mensile per i celiaci. Il problema non è il destinatario, bensì la destinazione, dato che ormai vengono erogati cibi superflui rispetto ad una dieta completa, come bigné, cioccolatini o budini e a volte anche nocivi. Pochi grammi che però pesano tanto in cassa. Lo Stato paga le mosse speculative delle aziende produttrici, trovandosi a corrispondere una remunerazione inadeguata, perché il mercato è monopolizzato, ed eccedente.

Fare i conti

Gli alimenti gluten free si trovano generalmente nelle farmacie, ma ormai anche nei banchi dei supermercati, con una sensibile differenza di prezzo che si misura quasi nel 50%. Sono alimenti prodotti con succedanei dei farinacei, di solito mais, farina e fecola di patate. Seguendo la legge Veronesi del 2001 i celiaci hanno a disposizione un budget mensile spendibile in questi prodotti dietetici: il tetto dell’assegno è fissato a 150 euro mensili per gli uomini e 100 euro per le donne.Le proiezioni di stima indicano che ipoteticamente in Italia la celiachia colpisca l’1% della popolazione; ipoteticamente appunto, perché i casi diagnosticati sono sempre inferiori a quelli reali. Dalle rilevazione del Ministero della salute nel 2013 i celiaci, dunque i potenziali fruitori dell’assegno, erano 164 mila, ma oggi, poiché le diagnosi si incrementano del 10% ogni anno, si arriva a 190 mila.

Da quanto ha ammesso Giuseppe Ruocco, direttore generale del ministero della Salute, l’erogazione per la spesa dei celiaci costa al ministero ogni anno tra i 215 e 220 milioni di euro.

Il giro dei prezzi

L’azienda produttrice fissa il prezzo di mercato comunicandolo allo Stato che copre il rimborso a farmacie e supermercati. Una prima anomalia impattante è che in Austria lo stesso prodotto costa di meno.

Al di qua della frontiera, senza scomodare i meccanismi dei cambi, si può notare che i prodotti senza glutine in realtà sono composti con ingredienti molto semplici e banali. Dunque la composizione non giustifica il prezzo, rivalutato oltre il doppio di un prodotto non dietetico. Ma quello che a vista disturba è trovare tra i prodotti per celiaci wafer, budini, caramelle, cioccolatini.

A generare il mercato sono ancora le case produttrici che hanno interesse a lanciare un’offerta sempre più vasta di prodotti per il fine dei loro guadagni. Quindi anche le leccornie vengono inserite tra gli altri cibi erogabili nel registro del Ministero della salute e lo Stato accetta la nuova posta.

Nel registro si computano quasi 5 mila cibi. Inoltre le componenti nutritive di questi cibi sono addirittura nemiche della salute. I succedanei del grano, infatti, hanno un carico glicemico elevato e sono combinati con alimenti molto raffinati. Grandi assenti sono le fibre, che da manuale dovrebbero essere sempre inserite nei prodotti dietoterapici. Si va al di là delle normative europee e per di più non vengono rispettate le regole per la prevenzione di patologie ben più gravi.

Servirebbero degli interventi calmieranti da parte dello Stato e magari aprire anche questo settore al libero mercato. Altrimenti in tempi di sforbiciate alla spesa sanitaria i cioccolatini senza glutine pagati dallo Stato sono proprio indigesti.