Da quest’anno sono entrate in vigore le nuove norme dell’ OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) allo scopo di contrastare con forza l’evasione fiscale ed il riciclaggio di denaro.
L’OCSE e le nuove regole anti-evasione
L’OCSE comprende 34 Paesi membri (Australia, Austria, Belgio, Canada, Cile, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Islanda, Israele, Italia, Lussemburgo, Messico, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Repubblica di Corea, Repubblica Slovacca, Slovenia, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Turchia, Ungheria), tra i quali Cile, Estonia, Israele e Slovenia).
L'OCSE intrattiene stretti contatti con oltre 70 Paesi non membri che partecipare come “osservatori” ai lavori dell'Organizzazione.
L'OCSE ha sede a Parigi, si avvale di un Segretariato suddiviso in Direzioni Generali formati da esperti e che operano nel contesto dell’Organizzazione, in cui prendono parte i delegati delle amministrazioni e degli enti dei Paesi membri. Il Segretario Generale è, dal 1° giugno 2006, il messicano Angel Gurria recentemente confermato per un secondo mandato quinquennale (2011 – 2016). E’ coadiuvato da quattro Vice Segretari Generali, tra i quali l’italiano prof. Pier Carlo Padoan, che ricopre anche l’incarico di Chief Economist.
In base alle nuove regole L’Italia è in grado di sapere se i contribuenti hanno depositato denaro nelle banche dei paesi stranieri aderenti, ed evitare quindi il fenomeno dell’evasione fiscale. Tali regole valgono allo stesso modo per tutti i paesi aderenti all’accordo.
Con la Direttiva UE n. 2015/2376 l’Unione Europea ha aderito allo scambio automatico obbligatorio delle informazioni fiscali in ambito comunitario attuata anche dall’Italia il 14 dicembre 2016. Con una seconda direttiva n. 2011/16 la UE ha deliberato nuove regole di cooperazione amministrativa fiscale con ulteriori e pressanti regole.
Il nuovo sistema di cooperazione CRS: lo scambio dei dati tra Paesi aderenti
La nuova disciplina, entrata in vigore dal 1° gennaio 2017 impone il dovere di scambio dei dati raccolti all’interno dei Paesi aderenti.
In pratica oggetto dello scambio (trasmissione) tra i Paesi sono i dati fiscali dei contribuenti relativi ai rapporti con banche ed istituti finanziari in genere, oltre ai dati patrimoniali. La banca depositaria estera ha l’obbligo di raccogliere tutti questi dati del cliente e trasmetterli allo stato di provenienza (in base alla residenza) dello stesso.
Il predetto sistema di scambio di informazioni prende il nome di CRS (Common reporting standard) ormai in vigore in quasi l’80% degli Stati del mondo.
In particolare sono oggetto dello scambio tutte le informazioni anche sensibili del cliente dell’istituto di credito (numero di conto corrente, codice fiscale, residenza, data di nascita, redditi di ogni attività finanziaria, il saldo del conto) che risieda in un Paese diverso da quello ove si trova la banca depositaria.
I soggetti presi di mira sono sia le persone fisiche che quelle giuridiche quindi anche società e associazioni. La Banca, in base a tutte queste informazioni che ha l’obbligo di raccogliere, sarà quindi in grado di individuare il reale titolare del conto.
Ogni anno ciascuna banca dovrà trasmettere il profilo aggiornato del cliente al paese di appartenenza dello stesso, dopodichè l’autorità fiscale dello stato di residenza procederà alla verifica dei dati ed a comunicarli allo Stato partner ove ha sede la banca. In tal modo sarà molto più semplice verificare se si tratta di evasione fiscale.
C’è da dire che questo sistema di scambio dati CRS attualmente non è ancora in vigore in alcuni paesi come la Svizzera, Panama, Bahamas, Albania, Andorra, Australia, Austria, Brasile, Canada, Cile, Cook Islands, Costa Rica, Indonesia, Israele, Giappone, Malesia, Mauritius, Nuova Zelanda, Federazione Russa, Uruguay, per i quali le nuove regole entreranno in vigore dal settembre 2018.