La crisi economica ha costretto molti a reinventarsi completamente dal punto di vista lavorativo, spingendo i lavoratori a improvvisarsi nei più diversi ruoli anche se la propria esperienza pregressa e il proprio corso di studi non avevano nessun collegamento o attinenza con la realtà attuale. E questa tendenza è ormai talmente diffusa nella nostra società che gli studiosi di economia hanno, perfino, coniato un termine apposito per descriverla, cioè Gig Economy. Ma di cosa si tratta? E quali implicazioni sociali può avere la sua continua espansione?

Infine, cosa si potrebbe o si può fare per contrastarla? Vediamo.

Cos'è la Gig Economy

In estrema sintesi con il termine Gig Economy si vuole intendere un nuovo modello economico sulla base del quale non esistono più le prestazioni lavorative continuative. In pratica, ciò implica la scomparsa o quasi del contratto a tempo indeterminato che viene completamente soppiantato dalle varie forme di lavoro a richiesta. Si lavora, cioè, solo nel momento in cui i nostri servizi vengono richiesti. Le conseguenze immediate dell'applicazione di un tale modello sono, fondamentalmente, due. Da una parte, la prestazione lavorativa viene a costare pochissimo mentre, nello stesso tempo, i lavoratori perdono quasi totalmente diritti che le precedenti generazioni consideravano come un dato acquisito.

Cosa si può fare

Dato che questo modello economico si sta diffondendo, a macchia d'olio, in ogni settore dell'Economia, sia che si tratti di agricoltura o del terziario avanzato, secondo molti esperti se questa nuova forma di struttura economica della società prenderà piede molto dipenderà dalle politiche economiche adottate dai vari governi.

È indubbio, infatti, che serviranno nuove forme di regolamentazione, soprattutto dal punto di vista della tutela dei lavoratori. Qualcosa del genere, ad esempio, è stato fatto in Italia con le recenti modifiche alla disciplina del telelavoro. Ma, in Europa, c'è chi si è spinto oltre. Ad esempio, il politico britannico Matthew Taylor ha proposto la creazione di una nuova categoria di lavoratori che si ponga a un livello intermedio tra i lavoratori autonomi e i dipendenti, denominata freelance, ma che, comunque, conserverebbe determinate tutele. Ad esempio, le ferie retribuite, i giorni di malattia o il pagamento degli straordinari. Comunque sia, una soluzione deve essere trovata se non si vuole creare una nuova piaga sociale.