Il presidente americano Donald Trump ha recentemente firmato una serie di sanzioni nei confronti della Cina. I provvedimenti, che prendono di mira numerosi beni importati, potrebbero arrivare a pesare per oltre 60 miliardi di dollari e prevederanno altresì restrizioni agli investimenti cinesi negli Stati Uniti. Le sanzioni vengono motivate con lo scopo di colpire quei prodotti cinesi che gli USA ritengono sfruttino illegalmente dei brevetti americani. In particolare Trump ha varato iniziative che intendono mettere un limite agli investimenti del gigante asiatico nel settore tecnologico.

L’iniziativa dell’amministrazione Trump, arriva dopo che all’inizio del mese Washington aveva chiesto a Pechino di effettuare immediatamente un taglio del surplus cinese per un valore di 100 miliardi di dollari, pari a oltre un quarto del totale.

Sulla versione inglese del sito di ‘Global Times’, quotidiano cinese molto vicino alle posizioni del governo di Pechino in quanto prodotto dal ‘Quotidiano del Popolo’, organo ufficiale del Partito Comunista, si ipotizzano alcuni degli scenari che potrebbero verificarsi in seguito alle sanzioni commerciali decise dall’amministrazione Trump.

Aumento scambio di import-export tra i due Paesi, ma anche appello a organizzazioni mutilaterali

Il primo scenario, si spiega nell’articolo a firma di Wang Weiwei, ricercatore della ‘School of International Studies’ dell’Università di Pechino, potrebbe essere quello di “aumentare importazioni ed esportazioni tra i due paesi utilizzando la cooperazione reciproca per risolvere le varie controversie”.

Per esempio la Cina potrebbe “espandere la sua apertura nei servizi, nella produzione e nelle materie prime. E gli Stati Uniti potrebbero allentare i controlli sulle esportazioni di prodotti ad alta tecnologia e ad alto valore aggiunto.”

Nella seconda ipotesi Pechino potrebbe invece far appello a organizzazioni multilaterali e a meccanismi di risoluzione delle controversie per fare pressione sugli Stati Uniti. La Cina, per esempio, “potrebbe migliorare la cooperazione economica regionale attraverso l'Area di libero scambio dell'Asia-Pacifico (FTAAP) e il partenariato economico globale regionale (RCEP), contrastando gli Stati Uniti nel quadro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO).”

La Cina potrebbe utilizzare motivazioni di sicurezza nazionale per contrattare con gli USA o imporre a sua volta sanzioni

Il terzo scenario tratteggiato da Weiwei, vedrebbe la Cina agire in un'ottica di sicurezza: “Gli Stati Uniti usano la sicurezza nazionale come pretesto per tenere sotto controllo altri paesi”, scrive il ricercatore facendo poi esplicito riferimento alla Corea del Nord, e dunque anche la Cina “come potenza crescente nell’area”, potrebbe, a sua volta, “utilizzare i problemi di sicurezza come argomento di contrattazione con gli USA.”

Il quarto e ultimo scenario tratteggiato nell’articolo pubblicato su Global Times vedrebbe la Cina rispondere direttamente alle decisioni degli Stati Uniti, in modo “legittimo e necessario”, in quanto “è stata scatenata una guerra commerciale”.

In questo caso, secondo Weiwei, la Cina avrebbe differenti modi per contrastare la politica protezionistica statunitense. Intanto il “significativo surplus” della Cina nei settori dell'elettronica e delle apparecchiature elettriche, ma anche il notevole deficit nel commercio di prodotti agricoli, attrezzature di trasporto e servizi: “Le importazioni cinesi di prodotti agricoli, cuoio e aerei rappresentano una parte significativa delle esportazioni statunitensi”, sottolinea il ricercatore cinese e pertanto, questi settori, “potrebbero essere presi di mira se la Cina volesse imporre le proprie sanzioni commerciali agli Stati Uniti.”