Alcuni Stati membri europei si sono uniti contro l'Italia, criticando la Manovra di Bilancio del Governo Conte. Dopo la lettera inviata a Bruxelles dal ministro Tria, la Commissione Europea, al momento, non ha commentato il contenuto del documento e lo ha pubblicato sul sito dove vengono mostrate le bozze di bilancio 2019 dei Paesi dell'UE. Mentre a Bruxelles tutto tace, Austria, Olanda e Germania criticano aspramente la scelta dell'Italia di non modificare il progetto di bilancio, così come risulta nella lettera di Tria. Il pericolo per l'Italia, esortata a rivedere il documento programmatico di bilancio, è che l'Europa metta in atto la Procedura d'Infrazione.

Manovra di Bilancio 2019: secondo l'Europa l'Italia non rispetta le regole

Il ministro delle Finanze austriaco Hartwig Loeger ha dichiarato che l'Italia dovrà scendere a compromessi se non vuole rischiare la Procedura d'Infrazione che l'Austria è pronta a sostenere per garantire il rispetto della disciplina fiscale. Secondo il ministro delle Finanze olandese Wopke Hoekstra, il piano di bilancio italiano è una violazione del Patto di Stabilità. Il Presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, è convinto che l'Italia abbia tutto il diritto di aumentare la spesa pubblica, purchè non comporti la crescita del debito. Per il Vicepresidente della Commissione europea responsabile per l'Euro, Valdis Dombrovskis, "i piani del Governo italiano sono controproducenti per la stessa economia del Paese".

Per Andrus Ansip, il Vicepresidente della Commissione europea per il mercato digitale, "fare debito con i soldi dei contribuenti non è un'idea intelligente".

Il Governo italiano risponde: la Manovra di Bilancio non va cambiata

Il vicepremier Luigi Di Maio ammette con ironia che sono tre mesi che l'Europa invoca la Procedura d'Infrazione.

Matteo Salvini afferma che l'Italia non intende muoversi di un millimetro sulla questione e aggiunge che è la stessa UE a non rispettare i Trattati quando parla di piena occupazione e diritti sociali. Di Maio e Salvini sull'argomento fanno fronte comune. Entrambi hanno impedito a Conte e Tria di sottostare alle richieste della Commissione Europea, tranne su due punti: la promessa di dismettere un'altra parte del patrimonio immobiliare pubblico e l'applicazione delle clausole taglia-spese nel momento in cui il rapporto Pil-deficit superi il 2,4%, cosa che ha scatenato la corsa allo spread.