Il rapporto tra genitori e figli dovrebbe essere, e nella maggior parte dei casi lo è, qualcosa di spontaneo e naturale. E non certo una questione economica, che può rientrare in un contesto da Affari e Finanza. Ma a volte la vita moderna può generare degli obbrobri emotivi, spingendo una madre a chiedere che il padre dei propri figli sia multato per ogni volta che manca di rispettare il suo appuntamento settimanale di visita con la prole. Questa, in estrema sintesi, è la situazione di fatto su cui si è dovuta pronunciare recentemente la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione e le cui conclusioni sono state riportate nella Ordinanza n° 6471 depositata in Cancelleria lo scorso 6 marzo 2020.

I fatti che hanno portato al giudizio

La Corte di Cassazione si è trovata di fronte al ricorso presentato dal padre naturale di un minore che, sia in primo grado che in sede di Corte d'Appello, era stato condannato a versare alla madre del minore la somma di 100 euro per ogni mancata visita al figlio. Sia il Tribunale di Chieti, in primo grado, che la Corte d'Appello dell'Aquila in secondo grado, avevano fatto applicazione di quanto stabilito dall'articolo 614-bis del Codice di Procedura Civile. Tale norma disciplina le "Misure di coercizione indiretta". L'articolo 614-bis, nei giudizi diversi da quelli concernenti direttamente somme di denaro, consente al giudice di merito di fissare una somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza o per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento preso dal Tribunale.

In pratica, lo scopo della norma è quello di esercitare una pressione psicologica sulla parte obbligata al versamento in denaro in modo tale da indurla all'adempimento spontaneo.

La difesa del padre naturale

La difesa del ricorrente ha basato le sue ragioni su quanto disposto dallo stesso articolo 614-bis del Codice di Procedura Civile in combinato disposto con l'articolo 709-ter dello stesso codice.

Tale norma detta disposizioni in tema di "Soluzione delle controversie e provvedimenti in caso di inadempienze e violazioni". Secondo la tesi della difesa, infatti, le misure di coercizione indiretta non sarebbero applicabili al caso specifico. Secondo quanto sostenuto, infatti, i figli hanno diritto a ricevere le visite del genitore non affidatario.

D'altra parte, quest'ultimo, sarebbe titolare di un diritto potestativo di visita. Cioè il soggetto, in questo caso il padre, è titolare di un potere che può decidere di esercitare o meno per tutelare o meno un suo interesse specifico, che sarebbe quello di vedere i propri figli. Di conseguenza, tale facoltà non sarebbe coercibile, né potrebbe essere assoggettata alle sanzioni previste dall'articolo 709-ter del Codice di Procedura Civile.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte di Cassazione ha deciso di accogliere il ricorso del padre annullando la sentenza della Corte d'Appello dell'Aquila. Il Supremo Collegio ha ricordato, innanzitutto, come nella disciplina generale delle obbligazioni a l'inadempimento da parte del debitore sorga il diritto del creditore a veder tutelati i propri interessi ricorrendo anche e spesso a mezzi coercitivi.

In questo ambito, viene chiarito dalla Corte, la coercibilità diviene qualificazione giuridica propria dell'obbligazione al cui inadempimento consegue la predisposizione da parte dell'ordinamento di strumenti idonei a garantirne l'esecuzione senza la cooperazione del debitore e contro la sua stessa volontà.

Richiamando quanto disposto dall'articolo 316 del Codice Civile in tema di "Responsabilità genitoriale", la Corte fa notare come il dovere dei genitori di garantire il diritto dei figli di essere mantenuti, educati, istruiti ed assistiti moralmente nel rispetto delle loro inclinazioni ed aspirazioni deve essere svolto dai genitori di comune accordo. In questo contesto, chiarisce ancora la Corte, la visita del genitore non affidatario deve essere considerata come un diritto-dovere dello stesso nei confronti del figlio o dei figli.

In quanto diritto, in primo luogo, è tutelabile nei confronti delle violazioni e inadempienze dell'altro genitore che ha l'obbligo di astenersi da condotte che possano rendere più difficoltoso o impedire l'esercizio del diritto del genitore non affidatario che può anche decidere di abdicare a tale diritto che, comunque, è tutelato con le sanzioni previste dall'articolo 709-ter del Codice di Procedura Civile. In secondo luogo, in quanto dovere, esso si basa sulla spontanea e volontaria osservanza da parte del genitore titolare e non può, in nessun caso, essere esercitato in via coattiva da parte dell'altro genitore.

L'orientamento della Corte di Cassazione, quindi, è quello di garantire la bi-genitorialità nei rapporti con i figli.

E questo allo scopo di tutelare il superiore interesse dei figli ad una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi i genitori.D'altra parte, continua la Corte, se proseguendo su questo solco la giurisprudenza di legittimità si è spinta sino a ritenere giustificata l'adozione di provvedimenti contenitivi o restrittivi delle libertà individuali dei genitori, la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha evidenziato la necessità di un più rigoroso controllo sulle cosiddette restrizioni supplementari. Queste sarebbero le restrizioni imposte dall'autorità giudiziaria al diritto di visita dei genitori. Tale controllo sarebbe necessario perché simili provvedimenti comportano il rischio di troncare i rapporti familiari tra un figlio in tenera età ed uno dei genitori o entrambi.

Per tale via, verrebbe pregiudicato proprio il superiore interesse del minore.

D'altra parte, riafferma la Corte, il fatto che la visita ai figli minori si caratterizzi come un diritto-dovere ribadisce che esso rimane espressione della capacità di autodeterminazione del soggetto titolare. Ed è, quindi, rimesso alla sua libera e consapevole scelta. Ogni diversa lettura che si volesse dare contrasterebbe, secondo la Cassazione, con la qualificazione adottata. Di conseguenza, la coercibilità di tale diritto-dovere viene esclusa completamente. E ciò include anche l'impossibilità di applicare alla situazione di specie quanto disposto dall'articolo 614-bis del Codice di Procedura Civile anche solo in via temporanea.

Infatt, il provvedimento di cui all'articolo 614-bis presuppone l'inosservanza di un provvedimento di condanna. Ma il diritto-dovere di visita costituisce una esplicazione della relazione fra genitori e figli che può certamente essere regolamentata dal giudice, ma che non può mai costituire l'oggetto di una condanna anche solo di fare una determinata cosa. Inoltre, secondo la Corte, monetizzare tale diritto- dovere di un genitore nei confronti dei figli significa non solo ledere il superiore interesse dei minori ma, addirittura, banalizzare un dovere essenziale dei genitori nei loro confronti, come è quello della frequentazione. Dovere che trova la sua fonte primaria nell'articolo 30 della Costituzione italiana.

Tale articolo, al suo primo comma, stabilisce proprio che è diritto e dovere dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.

D'altra parte, le statuizioni contenute nell'articolo 709-ter del Codice di Procedura Civile, spiegano i giudici della Cassazione, dettano poteri del giudice circoscritti al presente per sanzionare una condotta diretta e immediata di uno dei genitori e non una coercizione preventiva e indiretta di un dovere nel caso di una sua inosservanza futura. Ciò, ovviamente, non significa che se la condotta sanzionata permanga non saranno presi provvedimenti anche in riferimento alla patria potestà. La non coercibilità del diritto di visita, infatti, non vale ad escludere che al suo mancato esercizio non conseguano effetti.

D'altra parte anche i figli, man mano che crescono verso la maggiore età ,possono scegliere liberamente se frequentare o meno il genitore non affidatario. In definitiva la Suprema Corte enuncia il seguente principio di diritto: Il diritto-dovere di visita del figlio minore che spetta al genitore non affidatario non è suscettibile di coercizione nella forma indiretta di cui all'articolo 614-bis del Codice di Procedura Civile, trattandosi di un potere-funzione che, non riconducibile ad obblighi la cui violazione integra, ai sensi dell'articolo 709-ter del Codice di Procedura Civile, una grave inadempienza, è destinato a rimanere libero nel suo esercizio quale esito di autonome scelte che rispondono, anche, all'interesse superiore del minore ad una crescita sana ed equilibrata.