L'emergenza sanitaria legata alla terribile pandemia del nuovo Coronavirus è diventata ormai anche un'emergenza economica. Ogni Paese sta cercando un modo per poter sostenere le imprese e le famiglie, cercando di evitare il dilagare di una crisi sociale che potrebbe fare più vittime del Covid-19 stesso. Intanto emergono le prime stime dei danni causati dall'emergenza: all'economia italiana serviranno due anni per tornare ai livelli del Prodotto interno lordo stimati fino a gennaio scorso, ovvero ai livelli pre-coronavirus. E' quanto indica il focus di Censis e Confcooperative.

La situazione italiana

Secondo lo studio di Censis e Confcooperative, infatti, la proroga della chiusura delle attività sino al mese di maggio ed il ritorno graduale alla normalità entro un paio di mesi, facendo un’ipotesi dell'impatto sul fatturato al 2021, comporterà una mancata produzione da parte delle imprese del valore superiore ai 270 miliardi. Probabilmente, all’Italia serviranno ben due anni per ritornare ai livelli di Pil stimati fino allo scorso gennaio.

L’Italia ha registrato nel mese di marzo un indice Pmi (Purchasing managers index - monitoraggio andamento dell’attività manifatturiera e dei servizi) pari a 17,4: un valore decisamente più basso rispetto a quello registrato nel mese di febbraio (52,1).

Si tratta del valore più basso registrato dal 1998, anno in cui ha avuto inizio la raccolta di questo tipo di dati. Ma nessun Paese in Europa è stato risparmiato.

Intanto, dal decreto liquidità arrivano aiuti per 400 miliardi di euro. Sono stati stanziati 200 miliardi di euro per il mercato interno e 200 miliardi di euro per l’export.

Il decreto di aprile contiene strumenti di protezione sociale a sostegno delle famiglie, dei lavoratori e di tutte le persone in difficoltà. Il Premier Conte ha dichiarato di non ricordare un intervento così poderoso nella storia della Repubblica italiana per il finanziamento alle imprese.

La situazione europea

In Spagna, il Pmi è crollato a 23,00.

Il Paese sta rivivendo l’incubo della grande crisi del mattone e delle 'cajas'. Nuno Fernandes, economista della Iese Business School, ha dichiarato che la chiusura forzata delle attività produttive ridurrà pesantemente la crescita del Pil per almeno tre trimestri e potrebbe tagliare fino a due milioni di posti di lavoro, a meno che il governo e l’Europa non facciano qualcosa per sostenere le imprese e le famiglie. Inoltre, secondo Fernandes, nazioni come la Spagna, la Grecia ed il Portogallo, saranno colpite in maniera più grave, in quanto le loro economie dipendono in gran parte dalle esportazioni e dal turismo.

L'Istat francese ha stimato che ogni mese di blocco delle attività, come quello in corso, porti ad un calo del tre per cento del Pil 2020.

Secondo il Ministro dell'Economia francese Bruno Le Maire 'la Francia registrerà nel 2020 la sua peggiore recessione economica dalla fine della Seconda guerra mondiale'.

Il centro di studi governativo olandese ha calcolato che, per l'Olanda, un lockdown di tre mesi taglierebbe dell'1,2 per cento il Pil nazionale e, prolungando il lockdown a sei mesi, il crollo supererebbe il cinque per cento.

L'emergenza Covid-19 sta creando dei problemi anche all'economia della Romania. Secondo uno studio di Sierra Quadrant, in mancanza di misure efficienti di riorganizzazione dei business, molte compagnie romene rischiano enormi problemi finanziari che potrebbero portare ad insolvenza e fallimento.

La situazione nel mondo

Secondo un articolo pubblicato sul Financial Times, la pandemia del nuovo coronavirus ed il conseguente lockdown di metà della popolazione mondiale porteranno ad una crisi peggiore della Grande Depressione del 1929. Il capo del Fondo monetario internazionale, Kristalina Georgieva, invece, ha dichiarato che questa crisi potrebbe rivelarsi peggiore di quella del 2008. I dieci milioni di disoccupati registrati in sole due settimane di marzo negli Stati Uniti d'America fotografano l'enormità del problema. Il tasso di disoccupazione risale al 4,4% dal 3,5% del mese di febbraio. Si tratta del peggior dato registrato dal maggio del 2009.

I Paesi dell'Africa, produttori di petrolio, sono i più esposti alla crisi: con un prezzo del greggio diminuito di due terzi dall’inizio dell’anno, i produttori africani hanno visto il valore delle loro esportazioni precipitare di colpo nelle ultime settimane, con l’aggravante di non riuscire a rivendere le scorte petrolifere.

Soltanto Nigeria ed Angola potrebbero perdere 65 miliardi di dollari di entrate. Secondo un rapporto pubblicato dall'Unione Africana, l'economia del continente si contrarrà tra lo 0,8 e l’1,1 per cento nel 2020, mentre, prima dell'inizio della pandemia del coronavirus, le stime prevedevano una crescita del 3,4 per cento. Potrebbero perdere il lavoro 20 milioni di persone. A risentire della crisi anche le destinazioni turistiche africane.

Al momento si guarda con speranza alla Cina, che pare stia ripartendo piano piano, dopo aver superato la grande fase critica del Covid-19.