Per la serie BlastingTalks intervistiamo Chiara Bisconti, manager, assessora e oggi consulente per le risorse umane. Come professionista è presente in CDA di aziende pubbliche e private. In questa rubrica approfondiamo il suo ruolo di consulente per l’adozione del lavoro agile in MeglioQuesto, player di riferimento in Italia nella valorizzazione della customer experience.
Blasting Talks è una serie di interviste esclusive con business e opinion leader nazionali e internazionali per capire come la pandemia di coronavirus abbia accelerato il processo di digitalizzazione e come le aziende stiano rispondendo a questi cambiamenti epocali.
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Partiamo dall’adozione del lavoro agile in MeglioQuesto: quali sono i criteri che avete seguito nella sua implementazione?
MeglioQuesto ha deciso di adottare il lavoro agile come filosofia organizzativa permanente. E lo ha deciso nel momento in cui il lavoro agile per molte aziende è ancora solo un ‘obbligo’ legato all’emergenza sanitaria. Il Gruppo invece ha visto in modo chiaro le enormi opportunità che il lavoro agile offre e ha colto la piena sintonia delle sue parole chiave, ovvero libertà, fiducia e responsabilità, con i suoi valori fondanti. Ha deciso di portare avanti l’approccio che lascia la massima libertà di scelta alle persone, considerate centrali nella crescita del business e pienamente responsabili dei loro risultati.
Non ci saranno quindi indicazioni precise di quante giornate lavorare in ufficio e quante da casa, ma la possibilità di costruire su misura modalità lavorative rispondenti alle necessità del business e a quelle personali. Le persone alterneranno momenti negli uffici, che saranno nel frattempo completamente ripensati, a momenti in altri luoghi funzionali alle loro esigenze.
Come dice il presidente del Gruppo, le persone potranno lavorare dove vogliono, quando vogliono, con l’obiettivo di far crescere il business e al contempo essere più felici.
Quindi come avete interpretato il lavoro agile a livello operativo?
A livello operativo abbiamo delineato tre fasi: la prima fase di condivisione con tutte le persone del gruppo dei valori di fondo del lavoro agile e dei vantaggi che comporta; la seconda fase, attualmente in corso, di ascolto profondo delle esigenze delle persone, delle peculiarità specifiche del business del settore in cui il Gruppo opera e di tutte le diverse parti dell’azienda; la terza fase in cui raccoglieremo tutte le esigenze in un regolamento condiviso che ci porterà poi alla firma dell’accordo, per rendere questa modalità lavorativa permanente anche in futuro.
I pilastri su cui stiamo lavorando sono la delineazione e l’attribuzione a tutte le persone del gruppo di obiettivi chiari, trasparenti e misurabili e la comunicazione trasversale e continua a tutte le persone.
E con quali obiettivi di fondo?
L’obiettivo è trovare la modalità di lavoro più congeniale alle esigenze specifiche del gruppo e delle sue persone. Il lavoro agile è un modo di lavorare semplice nelle sue premesse di fondo - lavorare dove si vuole, quando si vuole - che chiede in realtà la capacità di essere adattato alle esigenze reali dell’azienda e delle persone. È un salto manageriale importante che richiede capacità organizzative e di gestione delle persone sofisticate. Su questo stiamo lavorando con le persone del gruppo, con l’obiettivo di aumentare benessere e produttività e produrre nuovo valore, che il gruppo stesso potrà rimettere in circolo per alimentare ancora meglio il suo percorso di sviluppo.
Nello specifico, qual è stato il suo ruolo nel salto di paradigma che è stato compiuto dall’organizzazione?
Mi considero una profonda conoscitrice del lavoro agile. Ho contribuito personalmente alla sua nascita in Italia, ben prima dell’arrivo della pandemia, avviando le prime sperimentazioni aziendali e firmando il primo contratto collettivo, prima che nascesse la legge dedicata. Ho maturato la mia esperienza sia in aziende private - a partire già dal 2005 - che nelle aziende pubbliche - in particolare nel Comune di Milano. Sto riuscendo ora a mettere la mia esperienza al servizio del gruppo e di ciò sono felice e onorata. Nella visione personale del presidente e nell’apertura mentale delle persone ho trovato sintonia e terreno fertile.
Il gruppo si è dimostrato reattivo e subito pronto per uscire velocemente dalla modalità costretta che la pandemia ha imposto e passare ad un modo di lavorare che permetta di ottenere tutti i vantaggi del lavoro agile, inteso nella sua accezione più ampia.
Dal suo peculiare punto di osservazione, in che modo la crisi dettata dal coronavirus è stata determinante per lo sviluppo di una concezione differente del lavoro?
Per chi come me si occupa di lavoro agile da sempre, la crisi ha rappresentato l’opportunità di far cadere tantissimi alibi. ‘Non si può fare’ è sempre stata la frase scudo di chi voleva opporsi ai processi di cambiamento. La pandemia ha dimostrato che la tecnologia è pronta e che le persone sono capaci di lavorare in modo nuovo.
Il lavoro agile quindi si può fare. E tutti abbiamo capito che è solo una questione di volontà.
Osservando la situazione attuale da un punto di vista più ampio e guardando al futuro, quali potrebbero essere i risvolti dettati dall’adozione del lavoro agile nelle grandi organizzazioni?
Il lavoro agile porta vantaggi enormi a tantissimi livelli. A livello individuale le persone sperimentano maggior benessere e maggiore disponibilità di tempo; riescono a tenere insieme i diversi aspetti della loro vita sia privata che lavorativa; aumenta la qualità della loro vita quotidiana; hanno anche maggiore produttività e risparmi di costo. A livello aziendale aumenta in modo importante la produttività e diminuiscono sensibilmente i costi, legati ad esempio alla diminuzione dell’assenteismo, alla riduzione degli straordinari e sopratutto alla possibilità di rivoluzionare completamente il concetto di uffici.
Le organizzazioni più grandi sono quelle che beneficiano maggiormente di questi effetti. Non dobbiamo dimenticare però che esiste un terzo livello di vantaggio collettivo: l’adozione massiccia del lavoro agile ha un impatto importante sull’ambiente, la riduzione dei trasferimenti quotidiani migliora traffico e aria; il nuovo stile di vita delle persone che fanno lavoro agile inoltre cambia i territori, dando nuova vita a quartieri dormitori o a zone poco valorizzate.
Infine, dal punto di vista della gestione delle risorse umane e dell’organizzazione aziendale, cosa possiamo imparare da quanto avvenuto con la pandemia e quali opportunità possiamo cogliere per favorire la ripartenza?
Dobbiamo imparare che gli unici blocchi allo sviluppo del lavoro agile sono nella testa di chi ha paura del cambiamento.
Ora che la pandemia ha dimostrato che lavorare in modo diverso è possibile non dobbiamo tornare indietro. Purtroppo alcuni segnali poco incoraggianti ci sono. Il mio appello invece è che questa opportunità straordinaria va portata avanti con forza. I vantaggi sono evidenti. Le persone che fanno lavoro agile lo sanno e sicuramente non vogliono tornare indietro. Credo che ora si apra una buona opportunità per noi di lasciarci alle spalle le costrizioni della pandemia, che ci ha tenuti chiusi in casa per periodi troppo lunghi, e abbracciare il lavoro agile nel suo senso più ampio: ovvero la possibilità di scegliere, sempre, in accordo con la propria azienda, alternando momenti in ufficio a momenti in luoghi diversi.
Con il coraggio di sperimentare e trovare soluzioni che si adattino alle esigenze delle singole aziende e delle loro persone. E con la certezza che il modello lavorativo che ci voleva tutti in ufficio, tutti i giorni, alla stessa ora, ce lo siamo definitivamente lasciati alle spalle.