Per la serie BlastingTalks intervistiamo Stephen Ogongo, presidente di CaraItalia. Il movimento si pone l’obiettivo di rendere consapevoli le persone dei loro diritti inviolabili, con particolare riferimento alla tutela degli immigrati e alla lotta contro il razzismo.

Blasting Talks è una serie di interviste esclusive con business e opinion leader nazionali e internazionali per capire come la pandemia da coronavirus abbia accelerato il processo di digitalizzazione e come le aziende stiano rispondendo a questi cambiamenti epocali. Leggi le altre interviste della serie sul canale BlastingTalks Italia.

Partiamo dall’idea alla base del vostro movimento: di cosa vi occupate nello specifico?

Cara Italia è un movimento popolare, culturale, politico. Un laboratorio di idee, un think tank del pensiero e della società multiculturale, multireligiosa, aperta, inclusiva e democratica. Combatte il razzismo e l’incitamento all’odio attraverso la formazione, campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, sviluppo delle proposte legali per rafforzare gli strumenti legali contro razzismo ed hate speech. Fornisce il sostegno legale alle vittime di razzismo e altre forme di discriminazioni. Organizza corsi di formazione politica per preparare la futura classe dirigente che rispecchi la natura multiculturale della società italiana.

Facilita l'integrazione degli immigrati, rifugiati e richiedenti asilo attraverso l’organizzazione dei corsi di lingua e cultura italiana e la creazione di momenti di scambio culturale. Infine, promuove riflessioni e lo sviluppo di una proposta per una scuola multiculturale.

Come cambierà la vostra attività dopo l’avvento del coronavirus?

Nel periodo post pandemia Covid-19 organizzeremo corsi di Educazione Civica, Cittadinanza e Costituzione nelle scuole italiane, nei luoghi di lavoro, luoghi di culto, e in tutti gli altri luoghi di aggregazione sociale, anche attraverso i media e social media. La nostra è un’organizzazione che ha come protagonisti gli immigrati, i nuovi cittadini e gli italiani autoctoni che condividono gli stessi valori e che lavorano insieme per migliorare il Paese.

È un movimento di gente che ama l’Italia, che apprezza la sua natura multiculturale e multireligiosa, lavorando per assicurare che ci siano le leggi che garantiscano il rispetto delle diversità, la partecipazione attiva di tutti e il buon funzionamento delle nostre istituzioni. Queste devono rispecchiare la natura multiculturale e multireligiosa del nostro Paese. Per questo motivo, portiamo avanti battaglie per garantire il benessere di tutti, la giustizia sociale e il rispetto dei diritti umani di tutte le persone senza distinzione alcuna.

Può raccontarci com’è nato il vostro progetto?

In modo spontaneo a ottobre 2018, con il lancio di un gruppo Facebook per contrastare la deriva razzista che il Paese stava vivendo in quel periodo.

C’era un drastico aumento dei casi di razzismo e di aggressioni a sfondo razziale. Il gruppo è diventato uno spazio libero per raccontare o segnalare gli episodi razzisti, per condannarli e sfidare i politici e personaggi pubblici razzisti. E soprattutto un luogo per aiutare le persone a riconoscere il razzismo, a non ignorare o subire il razzismo in silenzio ma a denunciare. Da quella comunità virtuale ma coesa è nato il movimento Cara Italia.

Perché la scelta del nome “Cara Italia”?

Il nome Cara Italia è il nostro modo di esprimere il profondo affetto che nutriamo per l’Italia, che consideriamo la madre di tutte le persone che vivono qui. È un richiamo a noi stessi a trattare il Paese come una persona cara.

Quando una persona ti è cara, ti prendi cura di lei, fai di tutto per assicurare che stia bene, non la abbandoni e non la maltratti come spesso succede.

Vogliamo il bene del nostro Paese ed è per questo che ci impegniamo a fare di tutto per renderlo un posto migliore. Non solo per noi che siamo qui oggi, ma soprattutto per le future generazioni. Dietro la scelta di questo nome c’è anche l’intenzione di sfatare la propaganda dei politici anti-immigrati, che considerano gli immigrati la causa di tutti i mali del Paese. L’idea alla base di questo movimento è che l’Italia è di chi la ama. I rifugiati, gli immigrati e figli di immigrati possono amare e prendersi cura dell’Italia come gli italiani autoctoni.

È una scelta che uno fa, e non basta essere autoctono per amare il Paese.

Quali sono attualmente i principali ostacoli alla costruzione di quella che voi stessi definite come un’Italia veramente e pienamente multiculturale?

L’ostacolo principale è la cultura che tollera il razzismo e tante altre forme di discriminazioni. Questa cultura ha permesso ai politici e ai partiti che devono la loro fortuna politica al discorso razzista di entrare nelle istituzioni ed approvare o bloccare la riforma delle leggi discriminatorie. Tali politici, in modo sistematico alimentano l’odio e il razzismo per avere popolarità e potere. Sono disposti a distruggere il tessuto sociale del Paese, seminando la paura e l’odio.

Come spiegate tutto ciò?

Mi dispiace dirlo, ma purtroppo in Italia il razzismo è istituzionalizzato. Abbiamo il razzismo istituzionale che giustifica la negazione del diritto alla cittadinanza a più di un milione e mezzo di bambini e ragazzi nati e/o cresciuti qui; che impedisce l'accesso degli immigrati ad alcune professioni; che tiene lontano dalle istituzioni gli italiani di origine straniera; che nega agli immigrati residenti da molti anni in Italia il diritto di voto alle elezioni amministrative; che permette l'esistenza di partiti e movimenti razzisti e l'elezione di politici razzisti alle istituzioni; che permette ai politici e ai partiti che alimentano l'odio di farla franca.

Un altro ostacolo è la scuola, che si deve ancora adeguare per rispondere in modo efficace alle esigenze di una società multiculturale.

E coerentemente con i vostri obiettivi, quali sono le vostre richieste alle istituzioni?

Prima di tutto, in questo periodo di emergenza per Covid-19, servono con urgenza:

  • Sostegno immediato a tutte le persone (famiglie, aziende, etc.) colpite da Covid-19. Tantissime persone stanno soffrendo moltissimo. Devono ricevere il sostegno necessario senza dover sottoporsi alle procedure burocratiche che complicano la vita e allungano i tempi di attesa.
  • Garantire l’accesso ai vaccini a tutti, anche agli immigrati irregolari. Non è ancora chiaro se possono e con quale modalità gli immigrati irregolari possono accedere al Vaccino Covid-19. Questo è un problema da non sottovalutare. Non si può fare finta che non ci siano. Rischiamo di compromettere la salute pubblica.
  • Salvaguardare la salute mentale: in questi mesi tutti gli sforzi anti-Covid-19 sono stati focalizzati sulla salute fisica, ignorando la salute mentale. Credo sia importante e urgente sviluppare una strategia per salvaguardare la salute mentale delle persone perché senza dubbio la pandemia Covid-19 ha scatenato una serie di problemi di salute mentale che diventeranno la prossima emergenza nazionale.

E per quanto riguarda le altre richieste?

È necessario fare subito la riforma della cittadinanza per facilitare la concessione della cittadinanza ai ragazzi e bambini nati e/o cresciuti qui. Sno figli d’Italia e meritano di avere la cittadinanza del loro Paese. È sbagliato trattarli e farli sentire stranieri a casa loro. Sono quasi 20 anni che parlano di questa riforma, ma manca la volontà politica. Neanche la sinistra, che spesso dice di volere questa riforma, ha avuto il coraggio di farla approvare. È ora di superare questa ipocrisia e procedere con questa riforma che è un atto di civiltà e per rendere giustizia a questi figli d’Italia. Poi bisogna abolire tutte le leggi e norme che impediscono l'accesso degli immigrati ad alcune professioni.

Inoltre, le nostre istituzioni si devono adeguare e diventare multiculturali. E bisogna riconoscere il diritto di voto attivo e passivo nelle elezioni amministrative agli stranieri residenti da qualche anno. È sbagliato escludere dal processo decisionale chi vive, studia/lavora e paga le tasse in un territorio.

Infine, veniamo alla pandemia: può raccontarci qual è stato l’impatto del coronavirus rispetto alle tematiche di cui vi occupate?

Il coronavirus ha messo in evidenza la disuguaglianza sociale nella nostra società. Almeno il 70% dei lavoratori domestici in Italia sono immigrati. Una buona parte lavora in modo irregolare. Con l’arrivo della pandemia dettata dal Covid-19 tanti si sono trovati senza lavoro e senza la possibilità di accedere agli ammortizzatori sociali.

Lo stesso vale per i lavoratori del settore agricolo, che non solo lavorano in nero ma sono anche in Italia in modo irregolare. Il governo, rendendosi conto che serviva un intervento per risolvere il problema, ha approvato la misura per regolarizzare lavoratori agricoli e domestici, ma attraverso un sistema così complicato dal punto di vista burocratico che fino ad oggi solo pochissime domande sono state esaminate. Si poteva, e credo che il governo debba, approvare una sanatoria generale per tutti i lavoratori irregolari con una procedura snella che permetta a chi ha un lavoro di regolarizzare la propria situazione subito.

Mentre dal vostro particolare punto di osservazione, quali sono stati i riverberi per la tenuta sociale?

I casi di razzismo si sono aumentati con l’esplosione della pandemia, all’inizio nei confronti di cittadini cinesi e di coloro che avevano tratti asiatici. L’etichetta “virus cinese” è stata devastante. Poi l’ondata di odio si è estesa verso gli immigrati neri perché alcuni politici, per motivi di propaganda, hanno fatto credere all’opinione pubblica che i richiedenti asilo che sbarcavano portavano il virus. La narrativa degli “immigrati che portano il virus a casa nostra” ha alimentato un forte sentimento di ostilità nei confronti degli immigrati neri, perché quando si parla di immigrati in Italia le immagini che si fanno vedere sono quelle delle persone nere anche se sono la minoranza. È un atteggiamento razzista molto diffusa nei media italiani. Ho anche notato che la pandemia viene usata da alcuni politici per mettere a tacere qualsiasi iniziativa per rivendicare i diritti dei nuovi cittadini. La usano come strategia per giustificare le politiche discriminatorie. Purtroppo, sembra che i problemi che colpiscono i nuovi cittadini siano meno importanti e non degni di essere affrontati in questo momento.