La direttiva europea che impegna ogni stato membro a dotarsi di un apposito registro dove schedare e conservare i dati dei passeggeri dei voli in europa è diventata una realtà, presentata nei giorni scorsi insieme ad altri emendamenti durante la V Commissione della Camera di Bruxelles. I dati dei passeggeri dovranno essere raccolti secondo quanto fornito dalle compagnie aeree e mantenuti in appositi archivi per un tempo massimo di 5 anni.
Quali saranno i dati oggetto di archiviazione
La proposta era già stata presentata ad aprile 2016 e approvata come direttiva dal Parlamento Europeo, ma solo in questi giorni è stata resa operativa.
Ogni stato membro avrà l’onere di creare un archivio, chiamato PIU (Passenger Information Unit), che conterrà per ogni passeggero di volo aereo effettuato all’interno della Comunità Europea le sue generalità e i suoi contatti, l’itinerario di viaggio, il metodo di pagamento del biglietto aereo, l’indirizzo riportato nella ricevuta di pagamento, l’agenzia utilizzata, il numero del posto occupato a bordo, eventuali preferenze dei pasti in volo (con particolare riferimento a quelle presumibilmente religiose) e le informazioni relative ai bagagli trasportati (numero e peso).
Quanto è veramente necessario il PIU?
La direttiva approvata ad aprile era passata sotto al nome di PNR ovvero Passenger Name Record e rispondeva alla necessità di attuare delle misure di sicurezza per combattere il terrorismo; in buona sostanza doveva rappresentare un grande archivio di dati sensibili cui attingere in caso di sospetti o necessari controlli.
In realtà dalla direttiva alla sua attuazione mancherebbe il presupposto fondamentale: la condivisione obbligatoria dei dati raccolti.
Ogni stato membro dell’Unione Europea infatti si doterà di un proprio PIU, ovvero un proprio database di raccolta informazioni, e potrà decidere se condividerlo o mantenerlo riservato nei confronti degli altri stati membri.
Il PNR, un bacino di informazioni comune, si è trasformato quindi in 28 registri, uno per ogni stato, per i quali non esiste l’obbligo di quella tanto auspicata condivisione che si era ritenuta necessaria dopo i terribili attacchi terroristici subiti dall’Europa.
Una frammentazione che, secondo l’europarlamentare olandese Sophie In’t Veld, è resa ancor più vana dalla mancanza dell’obbligatorietà della condivisione.