Chi investe o ha investito in una start up innovativa, ovvero in una nuova impresa/azienda appena creata in certi settori, ha diritto ad una detrazione fiscale del 19% su quanto investito solo se è socio con una quota inferiore al 30% del capitale sociale: questo quanto prevede un apposito decreto del Ministero dell'Economia sugli incentivi fiscali per investimenti in start-up negli anni 2013-14-15.

Insomma, si lasciano fuori proprio molti soci fondatori di tante start-up create nell'ultimo anno e di quelle che si creeranno nel biennio in corso, visto che è facile capire come una quota di neanche un terzo per un socio fondatore non sia un limite realistico il più delle volte.

C'è voluto quasi un anno e mezzo dal famoso decreto del governo Monti sugli investimenti nelle start up innovative, il Decreto Crescita 2.0, per arrivare a delle detrazioni fiscali che lasciano l'amaro in bocca a molti nuovi e giovani imprenditori: sembra che il motivo sia da ricercare in possibili stop dall'UE per "aiuti di Stato" (nel Crescita 2.0 era già ventilata questa ipotesi comunque).

Certo i punti interrogativi non sono pochi, soprattutto sull'origine di tale limite agli incentivi fiscali sugli investimenti in start-up innovative, ma in ogni caso si ha conferma di come in Italia sia difficile "fare impresa".

Cosa si dirà ora agli imprenditori che hanno creato una start-up o ci hanno investito sperando anche in queste detrazioni?

Gli incentivi fiscali sono in buona misura per i soci di minoranza e la cosa è venuta fuori dopo un anno e mezzo dal decreto che ha spinto molti a rischiare in un progetto magari ambizioso ma che faticando a trovare fondi (non è che ci siano poi così tanti prestiti alle imprese ed il crowdfounding stenta a decollare davvero) ha visto in queste possibili agevolazioni un barlume di speranza. Spento a quanto pare.