Con la voluntary disclosure, ovvero la procedura di rientro dei capitali all'estero in conti correnti, conti deposito o altro non dichiarati al Fisco italiano, il governo di Matteo Renzi (come prima quello Letta) spera di trovare qualche miliardo da utilizzare per diverse misure importanti. In particolare, con il rientro dei capitali in Svizzera potrebbe incassare fino ad 8 miliardi di euro in due anni che andrebbero a confluire nel necessario "tesoretto" per le coperture finanziarie del tanto discusso Jobs Act.

Questo è quanto trapela negli ultimi giorni a proposito dell'accordo Italia-Svizzera sullo scambio di informazioni fiscali, che sta subendo un'accelerazione e che potrebbe venire firmato a breve.

Fino ad un mese fa c'erano infatti sul tavolo delle trattative tra Roma e Berna tre importanti questioni, ovvero la cancellazione della Svizzera dalla "lista nera" italiana, quella del libero accesso al mercato italiano da parte delle banche svizzere, quella del regime fiscale dei lavoratori frontalieri, ora ormai in dirittura di arrivo.

Come avevamo già ipotizzato nell'articolo Rientro capitali dall'estero, la procedura: il governo Renzi vuole già cambiarla?, il nuovo esecutivo ha appena stralciato le norme elaborate dal governo Letta sul rientro dei capitali all'estero (in realtà è stata la Commissione Finanze alla Camera, ma poco cambia), ma subito è stato presentato un nuovo decreto che in realtà ricalcherà in buona misura quanto già era previsto.

Insomma, il governo Renzi va avanti sulla voluntary disclosure e in particolare sul rientro dei capitali in Svizzera, confermando che non si tratterà di un condono fiscale mascherato anche se ai contribuenti che faranno rientrare i capitali non dichiarati e detenuti all'estero non si applicherà il reato di omessa o infedele dichiarazione e le sanzioni saranno ridotte. Chi invece verrà scoperto in seguito dal Fisco subirà una sorte ben peggiore.