Portare a casa il registro di classe e/o redigere un registro personale è un reato. Lo ha stabilito la Cassazione con sentenza n° 23237 depositata il 4 giugno 2014. Il docente rischia una condanna penale e la reclusione fino a 10 anni per falso ideologico in atto pubblico.

Registro a casa: Cassazione

La sentenza emessa dalla V sezione penale della Corte di Cassazione n° 23237 depositata il 4 giugno 2014 stabilisce che il docente che porta a casa il registro di classe, ne redige uno personale o rimaneggia i voti nella propria abitazione compie un reato e rischia una condanna penale per falsità ideologica del pubblico ufficiale in atto pubblico.



Con la custodia del registro di classe presso la propria abitazione e la modifica dei voti messi in classe durante l'orario di lezione, il docente compie un reato punibile con la reclusione fino a 10 anni. La sentenza ha suscitato non pochi malumori in considerazione che sono numerosi i docenti che devono tenere un registro aggiuntivo a causa delle imprevedibili dinamiche del registro elettronico.

Registro a casa: il caso e la sanzione

Il provvedimento arriva dal caso di un docente in possesso di un registro di classe aggiuntivo, rimaneggiato nelle votazioni segnate durante l'interrogazione di uno studente proprio in relazione al secondo registro personale. La Corte di Cassazione ha ripreso il comportamento del giudice di prime cure, il quale aveva omesso la modifica dei voti da parte del docente, considerando solo il possesso di un secondo registro personale di classe. Il primo caso (possesso di un secondo registro) non poteva risultare grave agli occhi dei colleghi docenti, ma la modifica dei voti avrebbe avuto un diverso effetto nella valutazione della sanzione.

Registro a casa: come difendersi

In materia di regitro di classe, la norma di riferimento è l'art. 41 del regio decreto 30.04.1924 n. 965, che però è monco di una nota che distingua il registro di classe dal giornale del professore, generando differenti valutazioni sulla sussistenza di atto pubblico ai fini della legge penale o meno, come considerato nella recente sentenza della Cassazione del 4 giugno scorso. In tale ambito disciplinare, è infatti necessario che, sussista la compilazione di documenti legati all'attività didattica, qualificati atti pubblici affinché sia rilevabile una responsabilità penale.