Un articolo comparso sull'edizione odierno del quotidiano romano 'Il Messaggero' rilancia la discussione sull'utilità o meno dell'esame di maturità. Come viene menzionato dal giornale, la prova finale della Scuola superiore costa allo Stato italiano una cifra compresa tra i 65 e gli 80 milioni di euro. Sono molti i professori che si chiedono se l'esame di maturità non abbia perso la valenza e lo scopo per il quale venne istituito, ovvero consegnare studenti maturi o per il mondo del lavoro o per quello universitario.
Se consideriamo la media dei voti dell'esame di maturità 2014 (è stata 70), ci rendiamo conto come la prova stia diventando più una semplice burocrazia per ottenere 'un pezzo di carta' che un'opportunità per iniziare una nuova scelta di vita.


Sono tantissimi gli studenti, ma soprattutto docenti e presidi, a chiedersi se non sia giunto il momento di cambiare. Se teniamo presente che ormai il 99 per cento dei maturandi consegue il diploma dopo aver adempiuto a questa mera formalità, che senso ha mantenere un esame che sta diventando, secondo molti, una 'presa in giro'? Tre giorni di prove scritte, poi l'orale, le varie commissioni d'esame, i docenti stessi che sono impegnati nelle verifiche, senza contare i costi aggiuntivi delle segreterie. Insomma, mentre lo Stato continua a parlare di 'spending review' e considerando con quali misere risorse sta sopravvivendo il sistema scolastico, sarebbe il caso di pensare a questo salasso da 100 milioni che ogni anno si deve pagare.
Complessivamente le voci di spesa che riguardano l'esame di Stato si possono riassumere in tre categorie: i costi: i costi necessari per le commissioni d’esame, quelli relativa alle spese per la cancelleria e il costo del lavoro dei collaboratori scolastici e della segreteria degli istituti. Una macchina organizzatrice che, ogni anno, fa spendere fior di quattrini e che, invece, potrebbe essere abolita a tutto vantaggio di altre proposte più economiche e ugualmente valide dal punto di vista del giudizio didattico degli studenti.