E' arrivata ormai ad un vicolo cieco la sperimentazione dei licei a 4 anni istituita con i decreti n. 902 e 904 del 5 novembre 2013: il Tar del Lazio, nella sentenza emessa il 19 settembre scorso (r.g. 1268 del 2014), a seguito del ricorso della Flc-Cgil, ha cancellato, con un colpo solo, i decreti con i quali il Miur aveva autorizzato la sperimentazione del percorso quadriennale in quattro istituti superiori d'Italia: l'istituto di istruzione superiore Ettore Maiorana di Brindisi, il liceo ginnasio statale Quinto Orazio Flacco di Bari, l'istituto tecnico Enrico Tosi di Busto Arsizio e l'istituto superiore Carlo Anti di Verona.

Il Ministero dell'Istruzione ha presentato, a sua volta ricorso alla sentenza del Tar e, quindi, sarà il Consiglio di Stato a decidere. Il rischio è quello che la sperimentazione venga sommersa da un mucchio di carte bollate con, in più, l'incertezza sul fatto che il titolo possa avere valore legale. Tuttavia il percorso tracciato dalla sperimentazione è fortemente innovativo, tanto da aver messo d'accordo anche buona parte dei genitori, solitamente molto critici nei confronti della Scuola. E' un progetto di ampio respiro internazionale (come viene indicato proprio dalla targa delle aule: "1a A Internazionale) che può dare più chances agli studenti di entrare prima nel mercato del lavoro come avviene in altre parti d'Europa: in 12 Paesi europei, tra i quali la Spagna, la Francia, l'Olanda e la Gran Bretagna ci si diploma in 4 anni.

L'obiettivo ultimo della sperimentazione è proprio quello di eliminare questo gap tra i diplomati italiani e quelli europei, assicurando, nel contempo, competenze e conoscenze tramite un percorso di studi serio ed impegnativo.

Scettici, per lo più, i dirigenti scolastici e i docenti non interessati dalla riforma. C'è chi mette in dubbio la didattica, chi la durata limitata degli anni, sinonimo di un percorso di studi non completo.

Ma i numeri, innanzitutto, portano a ritenere che la sperimentazione non è una scorciatoia: all'Orazio di Bari, ad esempio, le ore complessive di lezione restano le stesse, ma è modificata la distribuzione. Invece di 27 ore settimanali nel biennio e di 30 nel triennio, se ne svolgono 36 per l'intero quadriennio. Cambia invece il metodo didattico che si avvale delle nuove tecnologie, elettroniche in primo luogo con l'utilizzo del tablet e della rete internet, ma anche nel maggior ricorso alla didattica laboratoriale, attivata tramite la pratica della compresenza che diventa "di sistema" in questo tipo di corso di studi.

La compresenza prevede che la stessa disciplina, o meglio alcuni contenuti, vengano affrontati da diversi punti di vista: ciò implica che i docenti preparino le lezioni anche collegialmente, dimostrando un coordinamento partecipativo all'interno del consiglio di classe. Tutto il percorso di studi, quindi, deve essere più flessibile e, soprattutto, più calibrato sul maggiore impegno richiesto agli alunni, ma la buona riuscita della sperimentazione dipenderà anche dalla sensibilità dei docenti che dovranno essere in grado di saper adattare anche i carichi di lavoro agli alunni: se ce n'è bisogno, dovranno saper "pesare" anche i compiti a casa perché l'impegno maggiore, stando alle linee guida della riforma della Scuola voluta dal Governo Renzi, dovrà essere richiesto in classe e nei laboratori e questa pratica sarà da estendere a qualsiasi corso e a qualsiasi ordine di studi.