Il testo sul Jobs Act è arrivato alla Camera dove è ripresa la discussione sulla nuova riforma del lavoro, che porterà a modifiche strutturali non solo sul mercato del lavoro, intese come possibilità remote in termini di aumento occupazionale, ma soprattutto in tema di licenziamenti. La nuova disciplina presentata dal Governo Renzi attraverso il Jobs Act, mira infatti soprattutto alla modifica dell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, così minando ogni possibile tutela dei lavoratori in caso di licenziamento.

È importante ricordare che una minoranza del Pd si sta opponendo tenacemente alla modifica dell'articolo 18: tra questi, Civati, Cuperlo e Stefano Fassina hanno firmato l'emendamento di Sinistra Ecologia e Libertà (Sel) per il ripristino dell'art.

18 dello Statuto dei lavoratori. Come cambieranno i licenziamenti con la riforma dell'articolo 18: quali saranno le condizioni per il licenziamento economico, licenziamento disciplinare e licenziamento discriminatorio? La riforma del Jobs Act porterà anche all'unificazione di Aspi e mini-aspi in un unico e diverso ammortizzatore sociale.

Licenziamento economico

Attualmente in caso di difficoltà economiche dell'azienda a mantenere il personale nel proprio organico, il lavoratore licenziato potrà rivendicare la reintegra sul posto di lavoro solo se dimostra che le difficoltà del datore di lavoro siano "manifestamente infondate" ovvero pretestuose. Invece, in caso di reali difficoltà economiche che si sostanziano nel "giustificato motivo oggettivo", il lavoratore non ha diritto alla reintegra, ma ad una indennità economica compresa tra 12 e 24 mesi di retribuzione.

Come sarà dopo l'approvazione del Jobs Act: se un'azienda in crisi licenzia uno o più dipendenti, non sarà obbligata alla reintegra degli stessi, bensì soltanto a corrispondere un indennizzo al lavoratore, proporzionale all'anzianità di servizio: l'indennizzo dovrebbe corrispondere ad una mensilità e mezza di retribuzione per ogni anno di lavoro prestato presso l'azienda da cui è stato licenziato (per un massimo di 36 mensilità).

Licenziamento disciplinare

Attualmente il datore di lavoro che procede alla risoluzione del rapporto di lavoro licenziando quindi il lavoratore per scarso rendimento e conseguente venir meno del rapporto di fiducia, vi sono due possibilità di reintegrazione sul posto di lavoro: la prima prevede che il lavoratore sia accusato di un fatto inesistente, la seconda si ha quando il comportamento negligente del lavoratore è previsto dalla contrattazione collettiva che prevede una specifica sanzione disciplinare come la sospensione o una multa e non, quindi, il licenziamento.

Come sarà dopo l'approvazione del Jobs Act: nel testo del Jobs Act si prevede che in caso di licenziamento disciplinare il lavoratore possa ottenere solo un indennizzo economico inversamente proporzionale alla colpa (ovvero più è grave la colpa meno sarà l'indennizzo).

Licenziamento discriminatorio

Attualmente la tutela per chi subisce un licenziamento discriminatorio (ad esempio per essere iscritto ad un sindacato, a causa del proprio orientamento sessuale ecc) e prova di essere stato vittima di discriminazione, ha diritto ad essere reintegrato sul posto di lavoro e risarcito pienamente dei danni subiti, con conseguente condanna del datore di lavoro alla reintegrazione e al risarcimento.

Come sarà dopo l'approvazione del Jobs Act: in tal caso non ci saranno cambiamenti: in caso di licenziamento discriminatorio resterà la reintegra sul posto di lavoro del lavoratore licenziato illegittimamente ed il risarcimento dei danni subiti dallo stesso.