Il caso pensioni Quota 96 Scuola sembra ormai essersi cristallizzato: il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini è stato molto chiaro, ecco che l'unica concreta via di 'risoluzione della vertenza' consiste nel demansionamento dei docenti di Quota 96, che verrebbero così destituiti dal loro ruolo all'interno della docenza per essere destinati a mansioni 'meno usuranti' stabilite sulla base delle esigenze dei singoli istituti scolastici. Chiunque segua il caso Pensioni Quota 96 Scuola sin dai suoi esordi ricorderà perfettamente come ogni qualvolta ci si trovava dinnanzi ad una potenziale via di uscita, questo o quel provvedimento venivano bloccati per un problema di reperimento delle coperture economiche necessarie: in poche parole, non c'erano mai soldi a disposizione per intervenire.
Eppure, le ultime vicende parlamentari confermano che il danaro ci sarebbe, il punto è che viene destinato ad altro. Nel caso specifico ad alimentare quei privilegi di casta di cui il popolo dei deputati italiani non può proprio fare a meno. Lo scorso venerdì, giorno 23 gennaio, la Camera ha infatti bocciato l'emendamento presentato da Scelta Civica alla riforma costituzionale che statuiva un taglio di pensioni e vitalizi degli ex parlamentari con effetto e valore retroattivi. Quello del versamento dei vitalizi agli ex parlamentari è un giochino che all'Italia costa qualcosa come 230 milioni di euro l'anno destinati a 2500 individui baciati dalla sorte, e se pensiamo che per risolvere il caso pensioni Quota 96 Scuola ne sarebbero 'bastati' poco più di 300 (ma spalmati su più anni) viene da fare alcune semplici considerazioni.
Una su tutte: ai privilegi non si può rinunciare, ai vitalizi nemmeno. Però si può rinunciare con grande tranquillità a mandare in pensione chi ne avrebbe tutti i diritti.