La settimana che si è appena conclusa ha visto proseguire il dibattito sul tema delle Pensioni con nuove rivendicazioni tanto da parte dei sindacati quanto dal Parlamento. Il nodo della quiescenza anticipata sembra restare al momento il principale punto di discussione tra l'esecutivo e le parti sociali, anche perché quest'ultime stanno chiedendo a gran voce di porre finalmente rimedio alla grave situazione di blocco che attualmente impedisce ai lavoratori in età avanzata di accedere all'Inps.
Un problema che non si riverbera solo su queste persone, ma indirettamente anche sui lavoratori in età più giovane, che non riescono ad entrare nel mondo del lavoro a causa del mancato turn over, tanto che la disoccupazione giovanile ha ormai superato la soglia del 40%.
Pensione anticipata: Cgil chiede sblocco a 60 anni
Riguardo ai meccanismi di pensionamento, tutti i sindacati concordano sulla necessità di un intervento strutturale, sebbene le ipotesi allo studio sarebbero diverse. La Cgil ha inviato le proprie richieste al Governo Renzi attraverso una nota, con la quale si propone il pensionamento dei lavoratori già a partire dai 60 anni di età (seppure con alcuni vincoli anagrafici), o in alternativa con 40 anni di versamenti indipendentemente dall'età.
La Cisl vorrebbe invece vedere il ripristino del sistema a quote, approvando in questo modo (seppure in via informale) la proposta della quota 100 più volte reiterata dal Presidente della Commissione lavoro alla Camera Cesare Damiano. In questo modo, si potrebbe ottenere la quiescenza anticipata unendo gli anni di versamenti con quelli anagrafici, con il vantaggio che ad un'età maggiore dovrebbero corrispondere meno anni di contributi e viceversa. Secondo il sindacato, proprio questa formula di flessibilità potrebbe garantire la soluzione della maggior parte dei problemi attualmente vigenti nella previdenza.
L'istituto di ricerca Censis lancia l'allarme sul sistema contributivo, a rischio i redditi da pensione
Come se il problema della disoccupazione giovanile non fosse già sufficiente, a rendere preoccupante il futuro dei più giovani c'è anche un nuovo studio del Censis.
Secondo quanto riportato al suo interno, i dipendenti che oggi hanno dai 25 ai 34 anni di età rischiano di trovarsi ad avere un reddito da pensione non superiore al 65% dell'ultimo stipendio, seppure continuando a versare contributi in modo ininterrotto. Fa poi riflettere che in questa fascia di età solo 4 persone su 10 si trovano in questa condizione privilegiata, visto che la parte restante dei giovani ha contratti temporanei oppure appare del tutto priva di tutele previdenziali. Una situazione che pone in rilievo la fragilità del nostro sistema previdenziale dal punto di vista della resilienza e che mette in luce l'importanza di aprire un piano previdenziale integrativo, almeno per coloro che si vedranno calcolare la mensilità con il sistema contributivo puro.
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