Flessibilità, questa sembra essere la parolina magica per sbloccare la legge Fornero. Questa la parola d'ordine più gettonata in questo momento, sia negli ambienti governativi che tra le fila dei singoli partiti e non solo. Legge Fornero che dal 2012 ha profondamente modificato il sistema pensionistico italiano, provocando malcontenti e progetti ed ipotesi di modifica, ma mai attuati lasciando l'amaro in bocca asciutta a tutti coloro già avevano salutato colleghi ed amici di lavoro con la valigia pronta in mano.
Padoan promette la riforma della legge Fornero sulle Pensioni per il 2016
Non ancora superato il temporale scatenato dalla sentenza dell'Alta Corte sul blocco delle indicizzazioni delle pensioni, il governo guarda avanti, alle future pensioni, alla controriforma della legge Fornero.
Il ministro Padoan, ma in questo supportato dall'intero governo, Renzi in testa, si è sbilanciato tanto da promettere una riforma della legge Fornero con la nuova legge di stabilità. Sì proprio lui, il ministro "di ferro" che ha sempre osteggiato chi proponeva di modificarla e difeso a spada tratta una simile legge, con l'avallo della Commissione Europea, perché l'unica in grado di garantire stabilità alle casse dello Stato. Vuol dire che effettivamente qualcosa sta cambiando, di buono, nei conti pubblici.
Flessibilità è la parola d'ordine nelle proposte per riformare la Fornero, dalle ipotesi Damiano al prestito pensionistico di Giannini, all'opzione donna
Flessibilità vuol dire innanzitutto, nelle intenzioni di chi propone tale misura, consentire a chi vuole lasciare prima il lavoro, di andare in pensione a patto di ridursi in termini percentuali l'assegno pensionistico.
Ma come potrà pesare la percentuale del ritaglio della pensione sulle decisioni dei lavoratori? E qui sta proprio il nodo della questione. La scelta di andare in pensione dipenderà dalla riduzione percentuale e quanto questa peserà sull'effettiva forza attrattiva delle finestre che si vorranno mettere a disposizione dei lavoratori.
Quali le proposte che godono di maggiore credibilità? C'è la proposta avanzata dal presidente della Commissione lavoro della Camera, Cesare Damiano che prevede un 2% di decurtazione per ogni anno di pensione precedente al raggiungimento dei 66 anni attualmente previsti. "Quota 100", sommando età anagrafica e contributiva. Un lavoratore potrebbe andare in pensione per esempio con 35 anni di contributi e 65 anni di età, oppure con 38 anni di contributi e 62 anni di età.
L'ultima, sempre di Damiano, 41 anni di contributi, senza alcuna penalizzazione.
Poi c'è il prestito pensionistico, proposta dell'ex Ministro Giannini. Un lavoratore potrebbe accedere alla pensione a 62 anni ricevendo un assegno di circa 700 euro al mese, fino al raggiungimento di 66 anni. Da questo momento in poi, il lavoratore restituirebbe all'Inps il prestito pensionistico con piccole trattenute mensili.
Insomma le ipotesi sul tavolo del governo, di Padoan e di Poletti in particolare, sono tante, compresa l'eventualità dell'estensione dell'opzione donna agli uomini.
Sta al governo, adesso valutare quale possa essere la soluzione migliore per non gravare sui conti pubblici in maniera pesante.
L'importante che si decida ed anche in fretta. Le pensioni non fanno dormire sonni tranquilli agli addetti ai lavori, figuriamoci chi attende da anni risposte per andare in pensione.
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