Alle critiche dei lavoratori e dei sindacati sul piano per le Pensioni presentato dal presidente dell'Inps, Tito Boeri, nei primi giorni di luglio, si uniscono le valutazioni di diversi esperti del settore, la maggioranza dei quali asserisce che le proposte di Boeri sono eccessivamente penalizzanti per i lavoratori. Inoltre, molti dubbi sono stati sollevati sulla possibile introduzione di una tassa di solidarietà che andrebbe a gravare sulle pensioni più elevate, apportando però ben pochi benefici.
Le critiche al piano Boeri
L'ex Coordinatore Generale Statistico dell'Inps, Antonietta Mondo, avanza le sue critiche dalle pagine del quotidiano "Il Corriere della Sera", intervenendo sul dibattito che negli ultimi giorni è nato sulla questione delle pensioni. Secondo la Mondo, il piano del presidente Boeri, che prevede l'adozione del calcolo contributivo per chi decide di anticipare l'uscita dal lavoro, avrebbe come conseguenza una diminuzione degli assegni previdenziali nell'ordine del 20-30%, calcolati su 7-10 anni di uscita anticipata dal mondo del lavoro. Oltre al metodo di calcolo, a non convincere Antonietta Mondo sono anche gli altri punti della proposta Boeri, a cominciare da quella che vorrebbe imporre, come "atto di equità", un contributo alle pensioni più alte per finanziare la flessibilità in uscita, che a suo avviso si tradurrebbe in un'altra tassa per i pensionati che già sono colpiti pesantemente dal fisco.
L'impatto macro-economico della proposta Boeri
Il carico fiscale sulle fasce medio - alte delle pensioni è già molto pesante: il 10,9 dei contribuenti versa il 51,9% dell'Irpef. In pratica, oltre 10 milioni d'italiani pagano in media 55 euro l'anno, mentre quasi 800 mila contribuenti hanno una dichiarazione dei redditi negativa, contro una ricchezza media pro capite che si avvicina al doppio di quella dei nostri vicini tedeschi. Inoltre, aggiunge che tassando ulteriormente le pensioni più alte per finanziare quelle più basse, all'interno del nostro sistema previdenziale si avrebbe il risultato di cambiare i termini della tassazione, senza apportare benefici concreti.
Oltretutto, quest'operazione avrebbe un impatto non indifferente sulla macro economia: applicando una nuova tassazione alle pensioni più alte, comporterebbe il taglio di una porzione del reddito della pensione tassato ad aliquote marginale Irpef tra il 38 e il 43%, per aumentare le pensioni più basse, le quali rientrerebbero nella no tax area o nel primo scaglione delle aliquote Irpef al 23%, con il risultato di una diminuzione del gettito fiscale, che imporrebbe nuovi interventi da parte dello Stato come l'introduzione di nuove tasse o il ricorso all'indebitamento, che inevitabilmente farebbe lievitare ulteriormente il debito pubblico.
I dubbi sul reddito minimo garantito
I molti dubbi dell'esperta Antonietta Mondo riguardano anche il modo in cui è pensato il reddito minimo garantito, a beneficio degli over 55 senza attività lavorativa ed esclusi dagli ammortizzatori sociali. Secondo il suo parere, questa è una misura di fiscalità generale che dovrebbe coprire i rischi derivanti da disoccupazioni di lunga durata, che dovrebbero essere messi a carico delle imprese che licenziano i lavoratori, come per esempio accade negli Stati Uniti. Infine, anche l'ipotesi che un lavoratore versi più contributi per garantirsi un maggiore reddito futuro non è molto convincente, viste le troppe fonti di erosione del reddito a causa di norme improvvise e arbitrarie, che aumentano la sfiducia nelle politiche previdenziali.