Non potevano che riaccendersi le polemiche dopo che Tito Boeri, neopresidente dell'Inps, ha lanciato la sua proposta conclusiva di riforma pensioni per il 2015. Si tratta di un piano che si compone di cinque punti, il cui elemento centrale e fondamentale è l'ormai famoso passaggio al contributivo pieno: secondo Boeri si può iniziare a parlare di flessibilità in uscita soltanto se si pone questa riforma come la stella polare della nuova previdenza italiana. Mentre il governo Renzi tace (e scarica la responsabilità della proposta a Tito Boeri), il piano del presidente dell'Inps sembra piacere all'Europa, anche perché impatterebbe al minimo sulle casse dello Stato e soprattutto si tratterebbe di una riforma strutturale che porterebbe ad un cambiamento radicale e definitivo nel modo stesso di concepire la previdenza.

La presentazione di Tito Boeri è stata piuttosto chiara: da un lato il contributivo, dall'altro una critica serrata alle proposte di Damiano, le famose Quota 97 e 100, in quanto inserirebbero nuovamente e surrettiziamente la pensione d'anzianità abolita dalla Fornero e avrebbero un costo troppo "salato" per il Tesoro. Secondo i sindacati, si tratta di un confronto politico più che immediatamente "economico": la questione centrale è il modo di concepire il welfare state e la solidarietà non soltanto internazionale ma anche all'interno della stessa nazione.

Ultime notizie riforma Pensioni Renzi: Boeri vs Quota 100, lo scontro politico

Le ultime notizie sulla riforma pensioni Renzi per il 2015 raccontano come nel mondo politico e soprattutto nella maggioranza sia scoppiato il caos dopo la presentazione di Tito Boeri: da un lato Scelta Civica (seppur vicina alla scomparsa elettorale pur sempre ancora presente in Parlamento) dichiara di voler appoggiare la proposta e di volerne essere il più "strenuo difensore", dall'altro Cesare Damiano, Presidente della Commissione Lavoro alla Camera, la ritiene assolutamente irricevibile perché i costi di un'uscita anticipata non devono ricadere soltanto sui lavoratori.

Secondo i sindacati si tratta, dunque, di uno scontro politico che si allarga anche all'Europa della Merkel e di Hollande: la riforma pensioni Renzi per il 2015, sul modello del contributivo pieno, rappresenta un modo per introdurre una forma molto particolare di austerità e si connette con la riforma scuola e la riforma del mercato del lavoro (Jobs Act) miranti a limitare gli interventi di welfare state e lasciare i lavoratori senza tutele (si veda l'obbligo di mobilità straordinaria per la scuola o la maggiore facilità di licenziamento con il Jobs Act) - l'attacco è contro l'ideologia neoliberista che dominerebbe il mondo politico europeo e italiano, soprattutto nella figura del premier Renzi.

Si tratterebbe, dunque, di una battaglia politica prima ancora che economica e il fatto che la si presenti come economica sarebbe il suo risvolto politico: si tratta dello scontro tra una visione della solidarietà basata su un forte patto sociale basato sul welfare state e un'altra basata sull'assunzione individuale dei rischi dell'esistenza.

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