'Superare il principio del mero voto di laurea quale requisito per l'accesso sottolineando la possibilità di valutarlo in rapporto ai fattori inerenti all'istituzione che l'ha assegnato': sarebbe questo il principio ispiratore dell'emendamento votato alla fine della scorsa settimana nell'ambito della riforma PA a cura del ministro Madia. Al centro del provvedimento la valutazione del voto di laurea ai fini della votazione finale ai concorsi pubblici che non dovrebbe più avvenire mediante il solo criterio numerico (col quale un 110, tanto per intendersi, vale più di un 99) bensì essere ispirata a criteri differenti connessi all'Ateneo che si è frequentato. Non tutti i 110 hanno lo stesso valore e questo è risaputo, ma da qui a condizionare il voto ai concorsi pubblici con delle valutazioni che rischiano di creare Università di Serie A e di Serie B (mettendo a rischio anche il valore legale della Laurea) di strada ne passa. Ad essere favoriti saranno gli Atenei con voti più bassi; le classifiche dell'Anvur (l'Agenzia nazionale di valutazione) saranno invece utilizzate quale metro di misurazione della qualità dell'Istituto.

Punteggio di laurea concorsi pubblici, nuovi criteri di valutazione: meglio gli Atenei con voti più bassi, la laurea in Ingegneria conterà più di quella in Lettere

Se l'emendamento presentato alla riforma PA dovesse passare così com'è, il punteggio del voto di laurea ai fini della valutazione nei concorsi pubblici sarebbe costruito in modi differenti rispetto al recente passato. Se prima contava la valutazione numerica adesso potrebbe pesare l'Ateneo di provenienza, con un maggior peso che dovrebbe essere assegnato a chi proviene da Università dove la media dei voti è più bassa di altre. In poche parole a fare la differenza sarebbe la media delle votazioni per ateneo e indirizzo. Per fare un esempio, una laurea con 110 conseguita dove la media dei voti di laurea è 105 peserà meno di un 105 conseguito presso un'Università dove la media delle votazioni è 90. Un altro parametro dovrebbe essere quello legato alla maggior o minor qualità dell'Ateneo di provenienza: in questo caso a fare fede sarebbero le classifiche dell'Anvur che al momento pone gli Atenei di Padova, Trento, Milano (Bicocca),Verona e Bologna ai primi cinque posti in graduatoria. Inutile sottolineare quante polemiche abbia scatenato la possibilità che venga approvato un simile provvedimento: il rischio di ratificare una norma incostituzionale è altissimo così come quello di mettere in dubbio il valore legale del titolo di studio. Oltre al rischio discriminazione con Sud e Isole evidentemente penalizzate c'è inoltre da considerare l'effettiva affidabilità delle classifiche che ordinano gli Atenei in base alla qualità: ranking e graduatorie vengono spesso generate ricorrendo a metodologie molto dubbie e comunque sempre opinabili. Non resta che continuare a seguire l'iter della riforma per capire quale sarà il volto finale del provvedimento.