I problemi legati ai tagli e alla conseguente carenza del personale ATA nella Scuola sono, ormai, tristemente noti. Sarete, senz'altro, al corrente dei 6.243 posti a tempo indeterminato, messi inizialmente a disposizione dal Ministero dell'Istruzione ed, in seguito, bloccati dal Dipartimento della Funzione Pubblica.

A questo proposito, l'Anief ha deciso di scendere in campo per una nuova vertenza contro il Miur e il dicastero dell'Economia e delle Finanze. Il motivo di questa azione sindacale è da ricondursi a quanto contenuto nella legge di stabilità 2015, per la precisione nei commi 422 (e seguenti), dove è si disposto che venga effettuata una ricognizione di posti liberi al fine di predisporre una ricollocazione del personale che ha lavorato presso gli enti provinciali.

Personale Ata beffato dagli esuberi delle Province: Anief propone class action

Secondo quanto precisato dal sindacato, il Miur aveva inviato al Ministero delle Finanze la richiesta per i nuovi contratti a tempo indeterminato ma quest'ultimo ha deciso di optare per la mobilità degli ex dipendenti delle Province a scapito di amministrativi e bidelli.

L'Anief, tra l'altro, ha precisato che, oltre ai suddetti posti (riguardanti il turnover), ve ne sono altri quattromila riguardanti le supplenze annuali, a cui si aggiungono i ventimila posti relativi ai contratti a termine (con scadenza a fine giugno).

Di fronte a questi numeri, Anief parla di vera e propria beffa, considerando anche che il personale in esubero proveniente dalle Province potrebbe arrivare fino a ventimila unità.

Insieme all'Anief, impegnato in queste ultime settimane con i ricorsi dei diplomati magistrali ante 2001/2, anche le altre sigle sindacali (come la Flc-Cgil) hanno intenzione di aderire alla class action a favore della stabilizzazione del personale Ata.

L'intenzione è quella di richiedere un intervento della politica affinchè il Miur venga richiamato alle proprie responsabilità: in caso contrario, si procederà con le dovute azioni legali, avvalorate da quanto contenuto nella sentenza della Corte di Giustizia europea di Bruxelles.